Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti


Chi descrive la vita di una persona come una storia uniforme, o sta descrivendo una vita piatta, o sta mentendo.
Ogni vita è composta da tanti "capitoli" – come un libro – scritti con mano diversa, ma da uno stesso autore: una mano che è piccola, paffuta e ingenua nell'età più giovane, e pian piano si arricchisce di rughe, macchie e cicatrici, quindi i diversi capitoli non sono mai uguali tra loro, pur avendo un unico filo conduttore.
Accade così per "Sofia si veste sempre di nero" (minimum fax) di Paolo Cognetti.

Composto da 10 capitoli, il libro è in realtà formato da 10 distinti racconti che hanno come filo conduttore la vita di Sofia. Una vita che non è mai uguale, e che di capitolo in capitolo cresce, si arricchisce, viene ferita e un po’ curata, offesa e illuminata da grandi verità.
Sofia è una bambina che non piange quando viene al mondo, ma si aggrappa alla vita nel suo modo tutto particolare. Sofia è una bambina che gioca ad inventare mondi in cui perdersi in mille avventure. Sofia è un’adolescente che ha messo su mille spigoli per impedire a tutti di avvicinarsi troppo alla sua fragilità. Sofia è una donna che fuma da sola nel retro di un bar in riva al fiume dalla parte di Brooklyn con i grattacieli dall'altra sponda a fissarla.

Nell'ultimo capitolo, quello che ho più amato perché parla di New York in maniera molto simile a come ne ho scritto io nella mia tesi – cioè con le viscere e il cuore in mano -, compare l’autore in persona e poco importa che invece di Paolo si chiami Pietro: racconta la malia di Sofia su di lui, sulla sua scrittura, ed è il racconto della nascita di tutto il libro.

Non avevo letto niente di Paolo Cognetti, finora, – ma sto recuperando! – e la secchezza dei concetti, la drasticità di alcune immagini descritte con parole che non danno scampo eppure aprono infinite riflessioni, mi ha ricordato molto lo stile di certi racconti americani. Non oso fare paragoni perché certi nomi risulterebbero presuntuosi per la mia critica, ma sappiate che vanno a pennello per Cognetti, che è candidato in corsa per il Premio Strega 2013 (di cui domani verrà estratta la cinquina finale).

Ho preso questo libro dopo un lungo corteggiamento e, come succede quasi sempre per i lunghi corteggiamenti, l’ho divorato con una fame che non credevo di avere.
Che non sapevo di avere, perché in realtà è la fame di Sofia che si impossessa del lettore e lo rende schiavo. 
Fame di affetto. Fame di amore. O, più semplicemente, fame di vita.

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