Recensione: Company Parade di Margaret Storm Jameson


«Company Parade è la perfetta rappresentazione corale della scena culturale londinese del 1918, uno spaccato di vite che si intrecciano e si urtano dentro i mondi dell'editoria e della pubblicità.»

Sono sempre esistiti i tradimenti, le ambizioni inseguite al di là delle delusioni, i conflitti di morale e di coscienza. Averne conferma nelle storie narrate in un romanzo ambientato nell'Inghilterra del primo '900, è prova che abbiamo voglia di raccontare sempre e solo dell'animo umano, che muta ma rimane sempre lo stesso.

"Company Parade" di Margaret Storm Jameson [Fazi] racconta della giovane Hervey Russell che, all'indomani dell'armistizio, lascia il suo paesino nello Yorkshire, Danesacre, per andare a Londra a realizzare i suoi sogni. A Danesacre, Hervey lascia suo figlio Richard di 3 anni e la madre anziana, mentre il marito Penn è ancora arruolato nell'aviazione. A Londra, Hervey inizia a lavorare nella pubblicità sotto l'occhio vigile di David Renn, un reduce di guerra che porta sul corpo ancora le dolorose ferite del conflitto appena concluso. I progressi che la giovane fa nel campo sono piccoli e spesso annullati dal suo carattere testardo: tuttavia, Hervey avanza nell'effervescente metropoli con la forza dei suoi sogni, che non lascia schiacciare nemmeno dalle delusioni più cocenti. Pubblica un libro che è un fiasco ma lei, incurante, continua a scrivere. Tra una disavventura e l'altra, ricompare periodicamente il marito per cui Hervey non prova più niente, ma da cui non riesce a staccarsi. In tutto il suo percorso, la ragazza ha al suo fianco i suoi amici Philip e T.S., conosciuti al tempo del college e mai lasciati, nonostante i lavori e le aspirazioni diverse. Londra riserva a Hervey la possibilità di conoscere altre donne che, come lei, hanno seguito i propri desideri, anche egoisticamente, a discapito dell'idea che la società aveva di loro.
«Sapeva che non sarebbe tornata indietro, anche a doverci riflettere. Era troppo insoddisfatta, posseduta dal demone dell'energia e dell'ambizione. Di fronte alla vaga prospettiva di una rinuncia, subito pensò che non poteva tornare nello Yorkshire, vivere nel completo anonimato. Doveva avere qualcosa da dimostrare al mondo.»
Margaret Storm Jameson -  presentata egregiamente dall'introduzione di Nadia Terranova - ha una personalità notevole e che merita grande risonanza: è la prima donna a laurearsi in inglese all'università di Leeds, è la prima donna a ricevere una borsa di studio per una tesi post-laurea sempre all'università di Leeds ed è la prima donna a presiedere l'English PEN contrapponendosi alla società letteraria dell'epoca in maniera critica.
«La biografia di Margaret testimonia che ci sono creature la cui eccezionalità è un destino [...]. A volte, per distruggere i confini, servono pazienza e inganni: Margaret firmò i primi libri con due pseudonimi maschili, James Hill e William Lamb. Non era facile perdonare a una ragazza di scrivere e pubblicare libri, e ancor meno facile perdonarle di essere un genio.»
In "Company Parade", sbiadisce un po' tutto lo spirito che si immagina essere fautore di questi ragguardevoli primati: i personaggi sono mossi da una spinta che non si può che definire egoistica, che poco ha della rinascita che percorre il Paese e molto assomiglia al voler emergere a ogni costo, anche issandosi sulle teste di chi è più debole. In primis Hervey, che lascia il figlio a casa di una estranea e, quando se ne ricorda, dedica a lui tutti i tentativi di successo falliti o andati a buon fine, mentre per tutto il resto del tempo è l'orgoglio l'unico pargolo che nutre e accudisce. Anche il suo rapporto col marito, che campa sulle sue spalle mentre la tradisce, è pervaso da una corrente molto poco femminista e per nulla risolutiva: più di una volta, durante la lettura, viene voglia di scuoterla, di dirle che i pensieri che le passano per la testa dovrebbero tradursi in parole, che quell'uomo non merita gentilezza e, soprattutto, non merita la sua sofferenza.

La scrittura di Margaret Storm Jameson è un ricamo raffinato e complicato che ammalia per la sua ricchezza: ho particolarmente amato le scene corali, le descrizioni della folla di Londra, la percezione dell'anima della città attraverso quell'incessante andirivieni multiforme. Mi è sembrato di guardare da vicino le persone che man mano mi venivano incontro sui marciapiedi, per poi allungare lo sguardo nella massa e poi allontanarmi dall'alto, per cogliere un quadro generale di sorprendente spessore.

"Company Parade" è il primo volume della trilogia "Lo specchio nel buio": a questo punto, aspetto il secondo capitolo per farmi un'idea precisa di questa donna, Hervey, che va avanti ma non del tutto, ben sapendo che la Jameson mi ha conquistato col suo modo di raccontare.



[libro omaggio della casa editrice]

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