Recensione: Dieci piccoli napoletani di Antonio Vastarelli



«Alzai gli occhi verso il terrazzo, che dava sul golfo. Mozart, alle mie spalle, sospirò: "Una città senza mare è come una musica senza pausa." Sembrava commosso.»
Prendete una città che ha tanta tenebra quanta è la luce del sole che la crocifigge incessantemente. Prendete un uomo che per mestiere racconta la realtà, bella e brutta, e che questa realtà l'ha preso a pugni senza risparmiarsi. Prendete una filastrocca semplice quanto profetica.
Mescolate tutto al ritmo jazz di Chet Baker, Miles Davis e al basso di Pastorius, e avrete "Dieci piccoli napoletani", il libro d'esordio di Antonio Vastarelli [Fanucci].

Il noir, ambientato a Napoli, racconta l'indagine condotta da Arturo Vargas, giornalista e scrittore che, un giorno, entrando in casa, inciampa in una busta contenente cinque mila euro e un biglietto con su scritto "segue telefonata". La telefonata arriva davvero e la voce sensuale di una donna lo ingaggia per indagare su dei nomi che, di volta in volta, gli fornirà. Arturo si trova incastrato, oltre che dai soldi, dalla curiosità di sapere chi è che sta giocando con lui come il gatto col topo. 

Ogni volta, dopo che Arturo ha trovato la persona sospettata e, apparentemente, non aver concluso niente, questa persona scompare. Arturo entra in un circolo sempre più vorticoso di tradimenti, corruzione e pericoli, mentre il passato ritorna a tormentarlo e a mettere in discussione le sue scelte.
«Non mi andava più di dormire in quel letto e mi spaccai le ossa sul divano. In quelle poche ore di sonno rividi, come in un vortice, le immagine sfocate e frenetiche di quell'assurda e interminabile giornata nella quale sembrava essersi concentrato il succo di un'intera, inutile vita.»
Fin dalle prime righe, si sente che il ritmo della scrittura di Antonio Vastarelli è quello del giornalista abituato a narrare i fatti, ma possiede anche lo svolazzo dell'appassionato di musica che, con le note come con le parole, si lascia rapire e trasportare fuori dalla realtà.

"Dieci piccoli napoletani" è un noir che fa dell'ironia pungente un suo punto di forza: è proprio grazie al sarcasmo più tagliente, infatti, che anche il finale "al ritmo di jazz" diventa la chiusura perfetta delle disavventure di Arturo Vargas.


[libro omaggio della casa editrice]

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