Recensione: Onori di Rachel Cusk


«Kudos significava, letteralmente, "onori", ma nella sua forma originale indicava il concetto più ampio di apprezzamento o elogio, nel contempo alludendo a qualcosa di cui qualcuno può falsamente appropriarsi.»
Il terzo e ultimo capitolo della "trilogia dell'ascolto" di Rachel Cusk, "Onori"[Einaudi], è uscito qualche giorno fa e io l'ho letto con la trepidazione di sapere cosa fosse successo dopo che, tra le storie, ho iniziato a riconoscere e ad apprezzare la storia di Faye.
«A volte, si divertiva a pescare nei bassifondi di Internet, dove i lettori esprimevano le loro opinioni sui propri acquisti letterari più o meno come avrebbero potuto valutare i risultati di un detersivo. Ciò che aveva appreso, analizzando tali opinioni, era che il rispetto della letteratura era di facciata, e la gente non si faceva scrupolo a maltrattarla.»
Faye è di nuovo in viaggio, dall'Inghilterra verso l'Europa, per partecipare a un convegno. Sull'aereo, come sua consuetudine, inizia ad ascoltare il suo vicino di posto che le racconta della terribile notte precedente al volo, in cui ha seppellito il suo fedele cane dopo una lunga e dolorosa malattia. L'uomo le parla della sua famiglia, dei figli, dei fallimenti e delle vittorie, dando avvio al ritmo che ci avvincerà per tutto il libro.
In ogni incontro che Faye farà - colleghi, giornalisti, traduttori, organizzatori dell'evento - ci sarà un accenno alla famiglia, al successo, alla realizzazione dei propri desideri, al fallimento delle aspirazioni, alle delusioni.
«In questo paese, per sopravvivere ai numerosi tentativi di distruggerla, una donna deve vivere come un eroe, sempre risollevandosi e, tutto sommato, sempre sola.»
La descrizione dei paesaggi esterni, ma anche del disagio di trovarsi in posti chiusi, affollati, per partecipare a eventi spesso male organizzati, ci arriva ascoltando il racconto degli occhi di Faye: lei sembra non giudicare mai, nemmeno di fronte agli episodi più assurdi si lascia andare alla frustrazione. L'umanità che incontra sceglie ancora di riversare su lei la propria visione della vita, felice o infelice, forse proprio perché non si sente giudicata ma accolta dal silenzio dell'ascolto.
«Vien da pensare che chi vive al sole non si senta responsabile della propria felicità.»
Due episodi mi sembrano emblematici di tutta la trilogia e ho trovato perfetto che fossero inseriti in quest'ultimo capitolo: l'agente di Faye le organizza due interviste, una con un critico letterario molto noto e l'altra con un programma televisivo culturale.
Nel primo caso, il critico, prima di farle anche una sola domanda, pontifica sul suo amore giovanile per l'Inghilterra trasformatosi in biasimo dopo la Brexit ed esteso, figurativamente, a tutta la produzione letteraria inglese. In nessun momento sentiamo la voce di Faye che controbatte, quanto meno per mettere in chiaro che, in un'intervista, dovrebbe essere l'intervistato a parlare e l'intervistatore ad ascoltare. La stessa cosa succede con l'intervista televisiva che, a causa di problemi tecnici all'audio, costringe la giornalista a parlare per un tempo interminabile nel microfono, trasformando quella che dovrebbe essere una chiacchierata letteraria in un monologo personale sul potere della bellezza, sull'intelligenza delle donne e sulle scelte di ruolo che la società purtroppo ancora ci impone.
«L'unica cosa che dava potere a uno scrittore era che qualcuno ne leggesse i libri: il che forse spiegava perché tanti scrittori aspirassero a vedere i loro libri trasformati in film, con ciò dispensandoli dalla parte ardua di tale transazione.»
Mi è sembrato di intravedere, tra le righe, lo sguardo ironico che la protagonista/alter ego dell'autrice rivolge alla critica e al giornalismo e mi è piaciuto molto che tutto questo fosse comprensibile senza sprecare una sola parola di biasimo.

In "Onori", Rachel Cusk completa la sua idea di romanzo senza schema, con una trama che è il lettore a dover ricercare e, quando la trova, si imbatte in una vera e propria epifania.
Ho amato il racconto della vita di Faye, una vita che si intravede in trasparenza sotto le esistenze che, malgrado tutto, decidono di mostrarsi a lei. L'atteggiamento di ascolto diventa accoglienza all'altro, in alcuni casi si trasforma in una carezza verso la solitudine e le asprezze. Faye ascolta sempre, soprattutto quando a parlare sono i figli, ormai grandi, che prendono le loro decisioni consapevoli della libertà che la madre gli offre.

Mi mancherà leggere i racconti d'ascolto di quest'autrice che, con la sua rivoluzione del romanzo contemporaneo, ha saputo narrare un'umanità confusa tra apparenza e realtà.
«Le persone liberano se stesse solo se la libertà è nel loro interesse.»


[libro omaggio della casa editrice] 

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