Recensione: Sommersione di Sandro Frizziero


«Tu non puoi lasciare l'Isola, lo sai bene. 
È il prezzo da pagare per il male che hai fatto.»
Nella nebbia che sale dalle acque della laguna veneta, in lontananza, si intravede il profilo di un'isola poco rassicurante già così. Dai fumi, poi, emerge un Poseidone stanco, sporco, incrostato di alghe e crostacei che sulla sua scorza hanno messo su casa, ma dai suoi occhi sappiamo che non si tratta della la divinità del mare.

"Sommersione" di Sandro Frizziero [Fazi] è un romanzo che ci trascina negli abissi dell'infelicità di un uomo legato al mare e al male, in egual misura, e che da entrambi trae la forza per affermare la sua stanca vita.
«I pesci lasciano questo mondo, che per loro ha le caratteristiche di un infinito acquario, in maniera nobile, senza dare fastidio a nessuno. Boccheggiano, tremano e muoiono tutti allo stesso modo.»
Un vecchio pescatore, odiato da tutti, trascorre la giornata facendo del male a chiunque creda che stia ostacolando il suo progetto di vivere portando rancore al mondo: i ricordi si affastellando nella sua mente a tratti lucidissima, vengono così a galla segreti, brutalità, passioni bestiali e incontrollabili, bestemmie contro Dio e contro la vita.

La seconda persona in cui è scritta tutta la storia è un dito puntato contro il livoroso dio degli inferi travestito da stanco Poseidone, è un'accusa contro una vita che non avrebbe nessuna ragione di essere eppure ha avuto la meglio su altre esistenze più significative. Frizziero sputa il suo rancore contro un essere che potrebbe sembrare immondo ma che, a ben guardare, non è nient'altro che profondamente terreno e umano. 
«Tu, invece, continui a esistere solo grazie a queste parole. Sono loro a tenerti in vita, a testimoniare la tua esistenza. Basterebbe un punto fermo messo proprio qui, ora, adesso, per ucciderti senza alcuna spiegazione, per farti fare la fine che meriti.»
Sull'Isola non esiste felicità, ci hanno tutti rinunciato, ma senza scoramento, con la sottomissione che si prova di fronte agli eventi inevitabili. Il lettore si trova immerso in quella stessa rassegnazione, brancolando nella nebbia come una barca senza timone, grazie alla scelta di parole dure, nette, taglienti come coltelli che non sappiamo bene come maneggiare fino alla fine.
«Non c'è futuro sull'Isola che, a ben vedere, altro non è che una cicatrice del mare, un postaccio, insomma, dove non cresce nulla.»
"Sommersione" è un romanzo potentissimo, che alla fine ci fa sentire l'olezzo delle lische marce, negli animi putrescenti che non lasceranno mai quella lingua di terra sputata dall'inferno per far scontare i peccati più neri. 
Quel "tu" ripetuto, traboccante di rabbia, è uno sparo che non coglie il pescatore - che sembra immortale come la peggiore feccia - ma il lettore, dritto in mezzo al petto, una volta, due, cento, mille. Eppure, non muori e continui a leggere, rapito. 

A me è successo così, ferita e contenta di essermi lasciata sommergere da questa storia.

«L'Isola resiste come ultimo baluardo dell'umanità, stretta tra la palude e il mare in un abbraccio mortale e, allo stesso tempo, seducente, al quale non può sfuggire.»


[libro omaggio della casa editrice] 



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