Recensione: La bambina di un milione di anni di Lorenzo Vargas


«La vita può combattere unita solo contro il proprio opposto.»
Se pure ci mettessimo attentamente in ascolto, in alcuni momenti di assoluta pace e armonia, riusciremmo a sentire davvero le forze del Creato che si dispiegano di fronte a noi? O, ugualmente, un'energia distruttrice che pure serpeggia in ogni creazione? Probabilmente non ci riusciremmo, ma perché non provare?

"La bambina di un milione di anni" di Lorenzo Vargas [Las Vegas edizioni] racconta dell'imperituro scontro tra creazione e distruzione, tra Bene e Male dove i confini dell'uno e dell'altro non sono ben definiti.

Per questo Gabriela, una bambina di otto anni, si trova a fronteggiare l'esplosione della violenza a Montebasso, un piccolo paese all'apparenza letargico, dove tra autoctoni e migranti improvvisamente scoppia l'odio fino ad allora sopito. Un sentimento talmente distruttivo da travolgere qualsiasi cosa, da non lasciare nessun animo intatto, non può scaturire dal nulla, i semi era sempre stati presenti.
Ma Gabriela, nonostante i vestitini da bambola e i boccoli dorati, non è una bambina, così come l'allampanato e inquietante Neri non è solo il guardiano del cimitero: loro sono rispettivamente l'incarnazione dell'Ordine e della Distruzione, il tutto e il nulla, il Bene e il Male, la vita e la morte. Sono loro la causa e l'effetto di quell'odio, uno lo alimenta e uno lo smorza. O, almeno, così dovrebbe essere.
Ma è tutto davvero così semplice? Le categorie sono tanto ben separate da un confine netto tra una cosa e l'altra?
«Sono fatta per mettere a posto l'umanità e l'umanità non vuole essere messa a posto. Ho il potere di distruggere il Male assoluto, ma non c'è nessun Male assoluto.»
Attraverso i pensieri di Gabriela e di Neri, entriamo nell'animo di due personaggi che, pur volendo essere sovrumani, incarnano i dubbi e i conflitti di tutta l'umanità: anche nel buio più assoluto, mentre descrive le nefandezze più raccapriccianti, l'autore è capace di insinuare un velo di tenerezza, una spolverata di compassione, una spruzzata di affetto annacquato nella crudeltà più violenta ed è quello che, a parere mio, tiene avvinti alla storia fino alla fine.
«All'inizio la collaborazione non era stata semplice, ma col tempo avevano scoperto quanto venisse naturale mettere da parte una rivalità eterna, quando non si ha nulla di meglio da fare.»
"La bambina di un milione di anni" parte come una favola fantasy dalle sfumature horror, ma durante la lettura ci rendiamo conto che, dalle leggende più antiche che si perdono nell'iperspazio dell'immaginazione, la narrazione si avvicina sempre di più al presente, a un oggi senza tempo, dove l'odio degli uomini non ha una definizione storica e temporale precisa, perché purtroppo è sempre attuale.

Lorenzo Vargas, grazie a uno stile che gioca con i generi - tra cronaca e dettagliato racconto horror, passando per la favola nera e le leggende d'oro -, costruisce un universo onirico dai toni cupi dove si percepisce sempre l'attesa di un raggio di speranza.

In quella attesa percepita e mai compiuta si legge l'ironia nera dell'autore, che strappa un sorriso e che rende "La bambina di un milione di anni" un viatico alla riflessione e una lettura piacevole.
«La tua prima tentata apocalisse, insomma. Ti avrei preso un biglietto, ma sai, era un inferno in città.»

[libro omaggio della casa editrice]

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