Recensione: Troppo freddo per Settembre di Maurizio de Giovanni



«I vecchi e i bambini non li guarda e non li sente mai nessuno. Mai nessuno.»

Da dove nasce una storia noir? Dall'osservazione di quello che c'è fuori e di quello che c'è dentro. La sfumatura nera è già lì, nell'ombra, dove nessuno guarda.
"Troppo freddo per Settembre" di Maurizio de Giovanni [Einaudi] illumina l'ombra degli invisibili - i vecchi e i bambini - e in quell'ombra ci costruisce un sentimento che tocca l'anima.

È un gennaio freddissimo, insolito per Napoli, quindi nessuno si sorprende quando l'anziano professore Giacomo Gravela viene trovato morto nel gelido sottotetto del palazzo in cui vive con la sua famiglia. Intossicazione da monossido di carbonio, è la prima risposta che il magistrato Claudio De Carolis, accorso sul posto, si sente di dare per quello che non ha nessun elemento per essere un caso di indagine. Poi, come suo solito, De Carolis inizia a osservare la scena del ritrovamento e capisce che c'è qualcosa che non quadra.

Mina Settembre non ama particolarmente il freddo ma è una scusa in più per intabarrarsi in cappottoni senza forma per nascondere il suo corpo, quello sì, pieno di forme. Quando arriva nel suo ufficio, nel Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest - dove un consultorio a est non è mai stato previsto -, trova una donna ad attenderla: è disperata e le chiede di salvare il figlio, che non è altri che l'erede di una delle famiglie camorriste più potenti che controllano la zona. Cosa ha a che fare Rosario Contini con il professor Gravela e perché sua madre è convinta che avrebbe potuto ucciderlo?

«Molto è dovuto a come si nasce, sapete. Proprio come nel mondo di fuori, nel mondo vostro, diciamo. Se si nasce in certe famiglie nobili o ricche si deve vivere in una determinata maniera, credo. Una volta ho visto un film che ci stava una principessa che voleva vivere come una donna normale, ma non glielo facevano fare. Da noi pure succede, ma più spesso al contrario.»

Il secondo capitolo delle avventure dell'assistente sociale Mina Settembre ha per protagonisti gli invisibili, i deboli, le persone che ovunque vanno sono fuori posto.
Anche Mina è così, si sente fuori posto a casa sua, nella Napoli borghese; si sente fuori posto nei Quartieri Spagnoli dove è considerata una signora dei quartieri alti; si sente fuori posto nel suo corpo dall'avvenenza esplosiva - che vorrebbe rendere invisibile senza riuscirci minimamente -, per questo i suoi occhi si posano nelle ombre dei volti che la vanno a cercare, loro malgrado, perché in lei riconoscono una similitudine. Nonostante tutto.

«Questo mi piace di voi, dottore'. Date conto ai vecchi e ai bambini come fossero uguali a tutti gli altri. Così si deve fare.»

Dopo "Dodici rose a Settembre", Maurizio de Giovanni ci fa incontrare di nuovo questo personaggio di donna forte, con un animo dalle mille sfumature di colore. Perché, ai classici nero e giallo che di solito si abbinano alle indagini dove spunta sempre qualche morto, si aggiunge un allegro e abbagliante arancione, insieme al brillio dell'oro e dei gioielli delle signore dell'alta società napoletana e al blu del lungomare di Napoli. 
"Sia nel primo capitolo che in questo, in Mina si mettono in contatto gli strati della società che altrimenti resterebbero lontani e separati" spiega l'autore.
Così, mentre Mina passeggia per i vicoli di Napoli, all'umidità e al degrado, ogni volta si unisce l'eccitazione di vedere passeggiare sui basoli sconnessi un tale esemplare di femmina conturbante, che fa voltare gli uomini per strada, ma non se ne accorge. Capirete che l'effetto è assolutamente esilarante.

«Il corpo di Mina sembrava il sogno congiunto di una pornostar e di un chirurgo estetico, non accennava a perdere tono malgrado l'avanzare dell'età. Gli occhi neri, profondi, i capelli corvini, le labbra piene sotto gli zigomi alti, le gambe lunghe e il collo liscio, il naso un po' adunco su cui poggiavano gli occhiali da miope erano il contorno appetitoso del piatto forte: un meraviglioso davanzale che non si rassegnava alla quinta misura di reggiseno contenitivo. Quello che la proprietaria identificava come il Problema Due.»

Nel corso di un incontro speciale organizzato dalla casa editrice con l'autore e i blogger, ho avuto l'onore di ascoltare De Giovanni spiegare che, nella serie dedicata a Mina Settembre, lui abbia mutato il linguaggio tipico del genere noir per ammantarlo di una forte ironia e di comicità che sfocia spesso nel grottesco, col risultato che anche le situazioni più drammatiche ne escono alleggerite e spassose.
"Fa parte del racconto dei Quartieri Spagnoli - specifica l'autore -, dove c'è sempre qualcuno che ride mentre qualcun altro muore un metro più in là."

In questo romanzo, come nel precedente, convivono in ogni personaggi le due anime - quella leggera e quella oscura - che si scontrano sia nel bene che nel male.
In "Troppo freddo per Settembre", Mina si lancia a testa bassa in un'indagine che sfiora picchi di violenza che, se scatenata, potrebbe lasciare attorno solo morte e distruzione. E invece lei, con passo leggero e con mille peripezie tragicomiche, e grazie ai suoi compagni di avventura - il ginecologo Domenico chiamamimimmo Gammardella e Trapanese Giovanni, detto Rudy - riesce a sfilarsi da situazioni che sono lì lì per diventare dramma, e invece si trasformano in macchietta.

«Mia bella signora, mi conceda di non crederle quando dice che non farebbe nulla di illegale. Perché mi sono fatto l'idea che lei, se vuole raggiungere uno scopo non si ferma certo di fronte a qualche stupida norma. Mi piace anche per questo, devo dire.»

La lettura delle avventure di Mina e compagni, per me, è una montagna russa di emozioni: mentre rido per l'ennesima trovata di Rudy - chiamato così perché si crede un latin lover al pari di Rodolfo Valentino - per trovarsi faccia a faccia col Problema Due, fremo di rabbia per tutti gli insulti che il Problema Uno, ovvero Concetta, la madre di Mina, riversa addosso alla figlia, rea di non voler usare il suo corpo spettacolare per guadagnarsi un marito facoltoso; per poi commuovermi qualche pagina dopo di fronte al dolore, allo squallore d'animo, alla crudeltà umana. 

Insomma, non ci si annoia mai, e in men che non si dica mi sono trovata all'ultima pagina senza che Mina finalmente smettesse di trattare male il povero Domenico, senza dargli mai la soddisfazione di chiamarlo Mimmo e senza offrirgli la possibilità di dimostrarle che, lo sguardo da pesce lesso che lei gli imputa, altro non è che lo sguardo di un uomo interessato ad altri suoi aspetti che non siano quelli lavorativi.

"Troppo freddo per Settembre" è un noir che usa il linguaggio della commedia e dell'ironia, che strappa più di un sorriso: è una storia che ha in sé la normalità e la straordinarietà di tutte le vite quando le si guarda un po' più da vicino.



[libro omaggio della casa editrice ]

Commenti