Fare bilanci: il bilancio del fare



Se qualcosa di bello c'è stato, voglio che sia scritto nero su bianco, per gli anni a venire.

Non amo fare bilanci, né del lavoro né della vita, ma in un anno così particolare, dove sarebbe più facile tirare una riga e scriverci sotto "zero", io voglio guardare più attentamente perché a me le cose facili quasi mai mi convincono.

In quest'anno sospeso, incagliato, bloccato, scrivo il bilancio del fare.
Quando la paura mi ha paralizzata, io ho scelto di fare: fare il bucato, fare i biscotti, fare il bricolage. 
Fare mille piccole cose in un solo giorno e progettarne altre mille per il giorno seguente, solo così ho chiuso l'ansia in un cassetto da cui, pur guardandomi ancora, se ne sta buona e aspetta che le mille cose siano finite. Per questo ne ho sempre altre mille in fila.

Ho colmato la distanza con la mia famiglia facendo cose insieme, attraverso uno schermo: una pizza impastata con mia figlia mentre mia madre, dall'altro lato, impastava una pizza uguale; gli struffoli con mia suocera che dallo schermo mi ha insegnato quando è il momento giusto per immergerli nel miele (non è così scontato come potrebbe sembrare!); Giulia che guarda video di animali in videochiamata con mio fratello e mia sorella; le mie zie che, pur di vederci, diventano provette videocaller.

Ho fatto quando avevo voglia di non fare niente, quando sarebbe stato più facile lasciarsi andare al panico e allo sconforto. Ho fatto.

Arrivata all'ultimo giorno dell'anno, non so esattamente perché o con quale forza io continui a porre fiducia nel fare le piccole cose che allontanano le grandi paure, ma ancora oggi quella magia funziona.

Nonostante la paura per la nostra salute e per quella delle nostre famiglia, le preoccupazioni per gli amici, il non poter andare e tornare a casa liberamente, non ho il cuore di imputare tutta la colpa a questo anno suo malgrado funesto.
Alcuni dolori avrebbero avuto la stessa portata devastante in qualsiasi anno si fossero presentati e non è giusto smorzare le gioie - che pure sono arrivate - solo perché hanno scelto di presentarsi in uno qualsiasi dei dodici mesi appena passati.

In giornate che spesso sono sembrate interminabili, ho avuto sempre un libro a farmi compagnia, a spezzare i pensieri, a cercare di trasportarmi in un altro mondo quando questo diventava troppo soffocante. Questo, per me, è stato l'anno in cui ho letto Paul Auster, dopo anni che non toccavo un suo libro, e posso dire che "4321" è stata la miglior lettura del 2020.
Ho ritrovato le storie che ero solita amare, ho immerso l'occhio nella sua scrittura così familiare e che ogni volta sa sorprendermi: la genialità di Auster, a parer mio, risiede proprio nel raccontarci una storia sempre diversa ma che poi, a ben guardare, ci suona familiare perché è sempre la sua. Nel corso degli anni, ho conosciuto le sue storie e, attraverso esse, la sua storia di uomo, della sua famiglia, ogni cosa mi ha parlato come un racconto fatto da un amico un giorno e ripreso poi in seguito.
Avevo bisogno di ritrovarlo e di ritrovarmi nella sicurezza di poter ancora amare libri così complessi e vitali.

Posso dire di aver fatto del mio meglio e continuerò a farlo.
Ho fatto e continuerò a fare.

E questo vi auguro: di fare, disfare e rifare tutte le cose che volete, di tentare e riuscire, se no ritentare. Fare e disfare sogni, realizzarli e farne di nuovi. Impastare progetti e infornarli, in attesa che siano pronti per essere divorati. Di prendervi il tempo per pensare e poi ancora per fare anche niente, se vi va.
Vi auguro tutto il bene che si possa fare anche solo con un sorriso.

Che sia un anno buono per tutti.

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