Recensione: I primaverili di Luca Ricci


«Se la primavera è un preambolo, l'estate una ricreazione, l'autunno un'agonia e l'inverno un letargo, dov'è la vita vera?»

Uscendo sul terrazzo, mentre un lontano profumo di magnolia mi inebria, mi viene in mente la frase che ho usato in apertura e, immancabilmente, il libro di Luca Ricci, "I primaverili" [La nave di Teseo].
Dopo "Gli estivi", "Gli autunnali" e "Gli invernali", la natura fa il suo corso e ci ritroviamo in una Roma in piena fioritura, grondante desiderio e vita.
Il protagonista è uno scrittore senza nome e senza più ispirazione, alle prese con il desiderio che si nutre di privazioni.
È single, ha scritto un unico libro d'amore che in molti ricordano ancora, al punto da chiedergli quando uscirà il secondo; passa le giornate scrivendo articoli per giornali e riviste e, di tanto in tanto, una sceneggiatura; telefona a sua madre per sapere come sta e si trova sotto il fuoco incrociato delle sue domande che poi è sempre e solo una, sempre la stessa, quando adatteranno il suo libro per il cinema o la televisione.

«I primaverili mettono l'accento sul fatto che voglio scrivere di fiction. I personaggi non mi somigliano, poi è ovvio che qualcosa c'è sempre di autobiografico, ma fondamentalmente sono sostenitore della finzione, dell'immaginazione» dichiara l'autore nel corso di un incontro esclusivo organizzato dalla casa editrice.

Nei suoi quotidiani pellegrinaggi in libreria, lo scrittore posa gli occhi sulla nuova libraria, Simonetta, una donna più grande di lui, che recita Roland Barthes a memoria e che, dopo un appassionato bacio tra gli scaffali, lo introduce al concetto di relazione bianca, una storia d'amore (?) dove il sesso non è contemplato. Il nostro si mostra disponibile a esplorare i colli di Roma con la segreta speranza di esplorare, prima o poi, anche il sinuoso corpo di Simonetta ma la situazione si spinge di volta in volta sempre più al di là della sua comprensione o pazienza.
La primavera romana, maestosa negli scorci più suggestivi, emozionante al tramonto sui colli, risulta  svuotata di ogni impulso vitale, senza il desiderio, senza il brivido dell'amore, privata dell'anelito dei corpi che rifioriscono e aspirano a unirsi. Il bianco del rapporto asessuato tra i protagonisti si stende su tutti i colori di una primavera che, nell'animo del protagonista, rischia di implodere.

Tra un sospiro per un mancato abbraccio, un incubo dantesco e una riunione di redazione con nuovi intellettuali di una generazione che detesta, il protagonista sublima la sua frustrazione nella spasmodica ricerca di una nuova poltrona per la sua scrivania e, in quella seduta perfetta (e introvabile), scarica il rancore per l'ispirazione fuggita.


«Seduto sulla poltrona che ho preso in antipatia non scrivo un bel niente, però faccio un sacco di riflessioni sconclusionate sulla letteratura.»

Tutta la tetralogia, mentre parla d'altro, si inoltra nella crisi della letteratura: i protagonisti sono sempre scrittori che, al momento della narrazione, non scrivono più, non ci riescono per un motivo o per un altro, perché al centro della società in cui vivono non ci sono i libri.
Dopo averlo incontrato nei precedenti capitoli, anche qui ritroviamo Alberto Gittani, ormai diventato un'icona delle storie di Ricci. Se ne sta appollaiato nei giardini i Castel Sant'Angelo a guardare la primavera come a uno a cui non la si racconta: la primavera porta con sé una falsa speranza e poi? Chi o cosa sarà in grado di mantenere quella promessa?
"Perché volete diventare tutti scrittori?" domanda. "Io mica vi capisco. Un romanzo può scapparti, ma se fai anche il secondo non hai più scuse" profetizza dalla sua panchina e a me vengono in mente diversi esempi di scrittori che, si fossero fermati al primo libro, sarebbero stati immortali.

"I primaverili" si presenta come un diario di un personaggio inventato, con capitoli brevi, brevissimi in alcuni casi, che possono leggersi quasi come racconti autonomi e autoconclusivi.
Luca Ricci dimostra, ancora una volta, qualora ce ne fosse stato bisogno, che conosce profondamente i meccanismi della letteratura e riesce a coinvolgere il lettore in una corsa attraverso la stagione, per scoprire, giorno dopo giorno, se il desiderio sarà soddisfatto, se l'ispirazione tornerà, se la poltrona sarà finalmente quella giusta.

In questi anni ho letto Ricci sapendo che, con l'arrivo di una stagione, sarebbe arrivato anche un nuovo capitolo della serie a essa dedicato.
Adesso, in questa primavera piena di profumi e temporali, il desiderio di lettura raggiunge la sua parabola più alta e resta in sospeso con la speranza che - stavolta sì, stavolta Gittani deve tacere! - dovrà mantenere la  sua promessa e portare presto un nuovo libro dell'autore. Me lo auguro.

 

[libro omaggio della casa editrice]

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