Recensione: L'ombra del vulcano di Marco Rossari


«Il libro che avrei scritto riposava dentro di me come un sentimento, come il sentimento di te.»

Alcuni libri ci ossessionano: li incontriamo ovunque, ne sentiamo parlare da chiunque, fanno eco a sentimenti che nemmeno noi sapevamo di avere o non avremmo mai voluto confessare.
Succede così al protagonista di "L'ombra del vulcano" di Marco Rossari [Einaudi] che, nella stessa estate in cui perde un grande amore, inizia a tradurre "Sotto il vulcano" di Malcolm Lowry e, fin dalle prime pagine, sente l'eco di dolore e autodistruzione del romanzo risuonargli dentro.

Il protagonista - che, diciamocelo, somiglia tanto a Marco Rossari - è un traduttore e uno scrittore. Da sempre riesce a riportare nella sua lingua le parole dei più grandi autori stranieri, traducendo, rifinendo, cesellando emozione su emozione, dall'inizio alla fine.
Quando gli propongono di occuparsi di una nuova traduzione di "Under the Volcano" di Malcolm Lowry - Rossari ha ritradotto il romanzo nel 2018 (le somiglianze, appunto) -, si trova di fronte allo specchio della propria confusione: ci son troppe coincidenze, troppo alcol, troppe notti insonni tra lui e il Console, i due si guardano negli occhi e si riconoscono. Del resto, come ha detto qualcuno, se guardi troppo a lungo nell'abisso, anche l'abisso poi guarderà dentro di te. Così, le pagine del romanzo scorrono a fatica, cariche di troppe emozioni condivise per poter essere tradotte e, allo stesso tempo, passano le giornate mentre tutto attorno si disfa.

«Esisteva qualcosa di più bello che tradurre pagine simili? Mi ero bevuto questo romanzo, questa storia, la nostra storia, a lungo, a sorsi, lentamente, furiosamente, faticosamente. Mi ci sono specchiato con dolcezza e con amarezza, mi ha messo a nudo e mi ha dato riparo, mi ha migliorato come scrittore e come traduttore, mi ha prostrato e illuminato.»

Il traduttore, infatti, proprio in quell'estate di caldo e lavoro asfissiante, perde la donna che ama. Dopo litigi, incomprensioni e rappacificazioni appassionate, lei se ne va ma, pur andandosene, non si distaccano mai. È un lasciarsi lungo e doloroso che causa tanti strascichi di dolore nell'uomo che, preso dalla storia del Console, si abbandona a notti alcoliche e giornate confuse.

«Lasciarsi è prerogativa di chi si ama. Il resto delle persone ha capito come funziona: nonostante tutto, proprio per tutto. Noi invece siamo andati nella direzione opposta, credere così tanto nell'amore da perderlo: che sbadati!»

"L'ombra del vulcano" apre una finestra sul lavoro del traduttore, sul processo di trasposizione che avviene tra una lingua e l'altra, perché, in certi libri, sono i sentimenti a dover cambiare lingua più che le parole.
Tra il traduttore e il libro da tradurre si crea una connessione di anime, i protagonisti si confondono e le due vite sfumano l'una nell'altra.
Come il Console di Lowry, anche il protagonista del libro di Rossari beve troppo, beve male, vive emozioni esagerate, incontra personaggi sopra le righe: il suo amico lavora in un'impresa di pompe funebri e lui lo chiama Piccolo Console per la sua capacità di bere pressoché all'infinito. Tra l'altro, gli episodi con protagonista Piccolo Console strappano sempre un sorriso, a volte anche amaro, ma pur sempre un sommovimento di muscoli facciali di fronte all'assurdità che è capace di portare nel mondo. Mi è piaciuto.

Come vuole la storia editoriale del libro, la nuova traduzione di "Sotto il vulcano" viene pubblicata nel 2018 e chissà se Rossari è riuscito a uscire dall'incantesimo di Lowry, magari riversandolo in questo romanzo che, a dispetto dei litigi e dell'alcol, è un romanzo d'amore.
Amore per una donna, per un autore, per un libro.
Ben oltre le aspettative di Lowry ma forse anche di Rossari, direi. Per la gioia di noi lettori, alla fine.

«Le lettere mai spedite del Console si confondevano con le mie, così come i rimpianti e le paure.»

[libro omaggio della casa editrice]

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