Recensione: Quel tipo di donna di Valeria Parrella

«Perché alla fine funzionò così: che ognuna dovette lasciare qualcosa a qualcuno, chiedere un favore a qualcuno, per partire in agosto per la Turchia come se fosse normale.»

Quando ho aperto questo libro, fin dalle prime righe della prima pagina, ho riconosciuto una voce, ho sentito una familiarità. Sì, perché "Quel tipo di donna" di Valeria Parella [HarperCollins] parla a tutte le donne attraverso la voce della narratrice e lo fa in un modo che è difficile da dimenticare.

Quattro amiche che da sempre hanno scandito la vita l'una dell'altra con la propria presenza/assenza, con le risate e le lacrime, consapevoli che niente avrebbe potuto mai intaccare quel sentimento più forte ancora dell'amore. Si ritrovano sconquassate dallo stesso dolore, allo stesso tempo: Dolores perde la sua Sachiko e Camilla, che ha una figlia che non è mai cresciuta, Carola e la narratrice decidono che è tutto troppo per poterlo gestire in un vecchio palazzone in un vico di Napoli. Le vecchie pareti scrostate, le scale senza ascensore, i richiami dei venditori, i ricordi di ogni giorno vissuto insieme, niente è più contenibile in quei quattro cuori già provati dalla vita.

Così decidono di partire, andare lontano, in Turchia e il periodo delle privazioni e delle preghiere del Ramadan coincide col loro digiuno laico, senza la confusione delle solite emozioni, fuori dagli schemi che tanto le hanno frantumate.

«No: non siamo quel tipo di donne lì, o quel tipo di uomini, dico quelli che stendono una tovaglietta sotto il piatto per mangiare da soli. Abbiamo mangiato da sole tante volte, che l'avessimo scelto o no, che ci sia piaciuto o no, con i figli che gattonavano d'intorno e comunque sole su quel piatto. Ma per la tovaglietta non abbiamo mai avuto tempo: c'è sempre stato altro da fare, da leggere, da passare il badge, o da consegnare un pezzo, o da occupare un bene confiscato, entrare in un carcere, organizzare uno spettacolo, cercare le mutande nel letto disfatto di un altro.»

Nessuna di loro, a modo suo, è quel tipo di donna; nessuna di loro riesce ad ascriversi in un modello prestabilito e, se da un lato non se ne interessa, dall'altro un po' ci soffre.
Sgarrupate, ferite, libere: queste quattro donne celebrano la vita, un po' la deridono anche, per esorcizzare le cadute, le lacrime, gli errori.

Valeria Parrella riesce ancora una volta a destreggiarsi con sentimenti profondissimi e devastanti - l'essere madre, la morte di un figlio, l'ansia per il futuro - e lo fa sporcandosi le mani con una lingua che è tutta cuore.

Come ho detto all'inizio, mi sono riconosciuta nella sua voce, forse perché l'autrice mi emoziona sempre, e anche perché questa storia non è solo quella di quattro amiche, ma di tutte le donne presenti, passate e future, stratificate nelle anime di ognuna di noi.


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