Recensione: L'imprevedibile viaggio di Harold Fry di Rachel Joyce


«Era una gioia rendersi conto di quanto fosse semplice. Se andava avanti, sarebbe arrivato a destinazione.»

Le cose che abbiamo sotto gli occhi da sempre sono quelle di cui meno notiamo le peculiarità.
Un pensionato inglese dedito al tè e al giardinaggio è quanto di più lontano possa esserci dalla straordinarietà così come gli stereotipi ci hanno insegnato, eppure Harold Fry diventa il simbolo della fede che, se non viene naturalmente benedetta dai miracoli, va a cercarseli e li rende possibili.

"L'imprevedibile viaggio di Harold Fry" di Rachel Joyce [Sperling&Kupfer, 2012; Giunti, 2023] è un romanzo dolcissimo e potente, allo stesso tempo, commovente e pieno di una forza che riuscirete a sentire man mano che le pagine scorrono sotto i vostri occhi.

«Harold non era il tipo da prendere decisioni improvvise. Lo sapeva. Da quando era in pensione, le giornate passavano e niente cambiava: a parte il girovita, che continuava a espandersi, e i capelli, che continuavano a diradarsi.»

Una mattina come un'altra, mentre sta imburrando il suo pane tostato e leggendo il giornale, Harold viene interrotto da sua moglie, Maureen, che gli consegna una lettera indirizzata a lui. Il mittente è Queenie Hennessy e gli scrive, dopo più di vent'anni che non si sentivano, per dirgli addio: vive in un ospizio a Berwick-upon-Tweed, è malata terminale ma ci tiene a dedicargli un ultimo pensiero.
Harold è investito da un'ondata di ricordi che lo lascia quasi tramortito: Queenie lavorava come contabile al birrificio e lui, come agente di vendita, spesso la accompagnava nei suoi controlli ai pub in giro per l'Inghilterra. Quella donna modesta, dall'aspetto che nessuno avrebbe mai notato, era piena di un umorismo che riusciva a risollevarlo dai suoi malumori, poi era sparita senza dire a nessuno dove andava, ma prima lo aveva salvato.

Una lettera di risposta è sufficiente? Dopo averla scritta e imbustata, Harold prende la giacca e si avvia all'ufficio postale per spedirla, ma poi trova chiuso e va un po' più oltre, sempre una cassetta postale più in là, finché inizia a camminare per consegnare a mano la sua lettera di risposta.

«Harold pensò a tutte le cose della vita a cui aveva rinunciato. I piccoli sorrisi. L'offerta di una birra. Le persone che aveva incontrato ripetutamente nel parcheggio del birrificio, o per strada, senza mai alzare la testa. I vicini che si erano trasferiti, dei quali non aveva mai conservato il nuovo indirizzo. Peggio; il figlio che non gli rivolgeva la parola e la moglie che aveva tradito.»

Dopo aver parlato con una commessa di una stazione di servizio, una fede incrollabile sembra impossessarsi di lui: se camminerà fino a Berwick-upon-Tweed, pensa, se arriverà a piedi da Queenie, lei rimarrà in vita. Un passo dopo l'altro, inizia lo straordinario viaggio di Harold Fry, pensionato, stanco, pieno di rimpianti, dai pensieri e le abitudini ordinarie, ma che riesce a ispirare chiunque lo incontri, forse proprio grazie alla sua semplicità. 

Durante una sosta, un giornalista pubblica una sua foto online, così l'uomo diventa il pellegrino moderno che la gente stava aspettando per espiare i propri peccati lungo il cammino: nessuno conosce Queenie, eppure non esitano a unirsi a lui. Ognuno cammina per uno scopo personale, qualcuno addirittura per interesse commerciale, ma niente sembra toccare Harold: lui incontra la gente, parla e ascolta, condivide chilometri, eppure nulla scalfisce il suo personalissimo viaggio nei ricordi e nel dolore. 

«Aveva imparato che era la piccolezza della gente a riempirlo di meraviglia e tenerezza, e anche la solitudine. Il mondo era fatto di persone che mettevano un piede davanti all'altro, e una vita poteva sembrare banale solo perché chi la viveva lo faceva da tanto tempo.»

Pubblicato nel 2012 col titolo originale di "The Unlikely Pilgrimage of Harold Fry", ha da subito attirato l'attenzione della critica - candidato al Commonwealth Book Prize e al Man Booker Prize, vincitore del Specsavers New Writers - e del pubblico.
Nel 2023 ne è stato tratto un film col premio Oscar Jim Broadbent - l'indimenticabile professor Lumacorno della saga di Harry Potter - nei panni di Harold Fry e io non ho potuto che immaginarlo esattamente così durante tutta la lettura.
"L'imprevedibile viaggio di Harold Fry" è una storia intrisa di quella normalità che, per me, ha sempre qualcosa di magico. Finora, solo leggendo "Olive Kitteridge" di Elizabeth Strout ho provato lo stesso malinconico dolore, come trovarmi senza pelle di fronte a una persona che, a sua volta, non nasconde niente di sé, soprattutto gli errori a cui non ha mai trovato rimedio.
Harold Fry - così come Olive Kitteridge - esce dal libro per entrare nella vita e, all'ultima pagina, ho sentito terribilmente la sua mancanza.

Sospetto, però, che anche Rachel Joyce abbia sentito la mancanza di questa storia, tanto che nel 2014 ha dato alle stampe "La canzone d'amore di Queenie Hennessy" - oggi disponibile solo in ebook - e, nel 2022, quando ormai pensavamo che si fosse lasciata alle spalle la famiglia Fry, esce "Maureen Fry e l'angelo del nord" pubblicato in italiano da Giunti nel febbraio di quest'anno.

Sarà difficile tenermi lontana da quell'atmosfera, ma sono sicura che verrà il momento adatto anche per questi altri capitoli della storia di Harold Fry.
Intanto, fatevi un regalo e partite con lui: credetemi, vi aspettano meraviglie.

«A volte gli sembrava di essere fatto più di ricordi che di presente.»


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