«Non essendoci il tempo di realizzare un nuovo disegno, il tipografo inserisce alla fine del fascicolo un foglio più grande con la riproduzione dello scheletro dell'animale, che viene poi piegato all'interno. Nordmann sorride. Mai avrebbe concepito un modo migliore per ricordare ai lettori quanto straordinaria sia la creatura descritta, talmente grande che un libretto non riesce a contenerla nemmeno ridotta.»
A volte scelgo i libri senza nessuna motivazione particolare, solo perché su di me agisce una fascinazione verso l'ignoto. Stavolta, tale fascinazione, mi ha portato a fare la conoscenza di un mondo di cui avevo una percezione solo superficiale e che, ho scoperto, essere estremamente attraente: quello delle creature estinte.
"L'ultima sirena" di Iida Turpeinen [Neri Pozza] è un romanzo che apre al lettore le porte di un enorme museo di storia naturale dove le sue guide d'eccezione sono i naturalisti, gli anatomisti e i tassidermisti che hanno permesso alle creature estinte di presentarsi di fronte ai nostri occhi nella loro forma più corrispondente alla vita che hanno vissuto.
Il romanzo si apre con un invito emblematico che, secondo me, funge da incantesimo per l'intero libro: "Immagina il Mare di Bering. La massa d'acqua tra Siberia e Alaska, Oceano Pacifico e Oceano Artico. Immagina il Mare di Bering nel 1741" e zac! è fatta. Siamo con il capitano comandante Vitus Bering e con il dottor Georg Wilhelm Steller, teologo e naturalista, sulla Svjatoj Pëtr, la San Pietro, in una spedizione esplorativa del Grande Nord.
Fin da subito il lettore è messo a parte delle difficoltà anche estreme che comporta un viaggio del genere, nel 1741: condizioni atmosferiche, carenza di provviste, malattie, l'ignoto non tracciato ancora sulle mappe geografiche. E poi il mare sconfinato, freddo, ostile, che occupa lo sguardo fin dove si riesce a guardare, fin quando l'occhio non si incastra su una striscia di terra sconosciuta, un'isoletta disabitata dagli umani, che diventa la boa di salvezza di fronte all'inevitabile naufragio. La salvezza si trasforma presto in incubo e in trappola mortale, con le volpi che attaccano l'accampamento e i malati.
Bering muore, e da quel momento Steller cerca ogni mezzo e ogni momento per poter continuare la sua ricerca. Osserva, fa tentativi, poi una creatura affiora tra le onde e lui non la riconosce perché ha caratteristiche mai viste.
La ritina di Steller o vacca di mare o Hydrodamalis gigas emerge, enorme, dagli abissi con volute gioiose, senza sapere che quegli uomini che la osservano saranno i suoi assassini. La sua carne è di una bontà mitologica, che sconfina nel taumaturgico e, nonostante Steller percepisca vagamente che deve ricomporre le ossa di quel corpo gigantesco per portarle all'Accademia di San Pietroburgo, la fame e l'istinto di sopravvivenza animale della ciurma prevale. Lui farà quello che può.
«Gli anatomisti si scambiavano delle teste che, avvolte in carta da pacchi, venivano sballottate sul tetto di una diligenza, sferragliando da un continente all'altro, nella generale ignoranza del loro contenuto.»
"L'ultima sirena" percorre il destino dello scheletro della ritina di Steller nel 1741, nel 1859 e nel 1950 quando, avvolta dal mistero di tutte le sue disavventure passate, giungerà al Museo zoologico di Helsinki (dove risiede ancora adesso).
Se pensate di avere tra le mani un saggio, ripensateci. È un romanzo, è pura narrazione storica di un'epoca che, per i parametri moderni, potrebbe essere definita brutale, ma che era alimentata costantemente dal desiderio di conoscenza, una curiosità talmente bruciante che rodeva gli studiosi da dentro e che poneva questioni morali di difficile risoluzione.
"L'ultima sirena" circumnaviga le ossa della ritina di Steller per allargare la panoramica sulle uova rare - il capitolo dedicato alla ricerca e allo scambio di uova di uccelli rari è appassionante, mi ha insegnato tante cose che non sapevo -, sui metodi di studio, sulle illustrazioni naturalistiche e sull'ambiente accademico.
Il titolo originale dell'opera di esordio di Iida Turpeinen è «Elolliset» che, tradotto dal finlandese, significa esseri viventi e, dopo averlo letto, credo che sia più accurato del titolo dato alla pubblicazione italiana: oltre alla vacca di mare, alle volpi bianche, agli uccelli rari, il libro ci racconta anche il comportamento degli esseri umani che cercano una chiave di lettura della natura.
A ben guardare, la verità è che siamo tutti sotto la lente di un microscopio, chi prima, chi dopo.
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