Recensione: Marianne di George Sand



Quanta attenzione prestiamo ai classici studiati a scuola o all'università?
Molto poca, evidentemente. Me ne sono resa conto di recente quando mi sono trovata immersa tra le pagine di "Marianne" di George Sand [Robin edizioni].

Scritto durante il ritiro a Nohant e pubblicato come feuilleton nel 1876, "Marianne" arriva in Italia per la prima volta grazie alla traduzione di Elisabetta Parri ed entra di diritto tra i piccoli gioielli da tenere in libreria.

Amantine Aurore Lucille Dupin, nota con lo pseudonimo maschile di George Sand, scrive "Marianne" quando ormai ha settant'anni e vive nella sua proprietà di campagna a Nohant, insieme al figlio Maurice e agli amici intellettuali che le fanno visita. Pur prendendo ispirazione da Les Caprices de Marianne di Alfred de Musset - con cui ha intrattenuto una lunga e appassionata relazione d'amore -, la scrittrice si concede di immaginare un lieto fine, immergendo la novella in un'atmosfera romantica che però non manca di sottolineare la personalità forte, ironica e indipendente della protagonista.


«Ah! La provincia! Ecco come ci riduce. Era una bambina gentile, all'apparenza interessante, per via di quell'espressione meditativa e malaticcia. Adesso è una ragazza forte, forte della sua calcolata prudenza e della sua volontaria aridità.»


Marianne Chevreuse è una signorina di campagna di venticinque anni, orfana di entrambi i genitori che le hanno lasciato una discreta proprietà, Validat, che le frutta una rendita di tutto rispetto. È quello che si potrebbe considerare un buon partito, eppure non è ancora sposata: la cosa che più incuriosisce i premurosi vicini e fittavoli della sua tenuta è che la signorina Marianne sembra stare benissimo nella sua condizione, da sola, concedendosi lunghe passeggiate nella natura.
Anche il suo padrino, Pierre André, che non la vedeva da diversi anni, si incuriosisce per la personalità fuori dal comune della ragazza e pian piano inizia a osservarla con un mutato interesse.
Pierre è un uomo che ha viaggiato, che ha sognato e scommesso sui suoi sogni e li ha visti sparire in una mano sfortunata del destino. Adesso si è ritirato nella tenuta di famiglia, con l'anziana madre, per guarire le ferite lasciate dalla perdita delle illusioni e per rassegnarsi a una vita che, immagina, non possa riservargli altre gioie.

I dialoghi tra Marianne e Pierre - col contrasto tra giovane ingenua ma non stupida e uomo maturo e intellettuale - sono briosi e ironici e hanno un ritmo talmente accattivante da scorrere veloci anche attraverso le descrizioni della natura e della campagna. A ben guardare, sono proprio le descrizioni delle piante, dei paesaggi e della sensazioni che provano i personaggi passeggiandovi in mezzo a creare un piacevole incanto bucolico che dona armonia alle diverse voci del romanzo.

Vi consiglio di leggere "Marianne" per sentirvi pervadere dalla linfa vitale e salvifica di una scrittura potente, scorrevole e immensa nei significati e nelle immagini che rimanda. In fondo, i classici fanno proprio questo: rendono immortali anche noi che li leggiamo.



[libro omaggio della casa editrice]

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