Recensione: Una lettera per Sara di Maurizio de Giovanni

«Hai un dono, Sara. Ti viene spontaneo, perciò credi che sia normale e non ne percepisci l'unicità. Invece è unico.»
Il passato non è mai finito, finché chi lo ha vissuto è in vita. È un'entità vivente che, a dispetto di quello che si possa pensare, può anche cambiare, se interviene un elemento che ne modifica il corso così come lo abbiamo sempre conosciuto.

"Una lettera per Sara" di Maurizio de Giovanni [Rizzoli] racconta di un passato che continua a vivere nel presente, un passato che non dà pace, che ha fagocitato qualsiasi futuro ma che può trovare una spiegazione diversa da quella che i protagonisti gli hanno sempre attribuito.

Ritroviamo Sara Morozzi, ex agente di polizia ed ex agente di una segretissima unità dei servizi segreti, già protagonista di "Sara al tramonto" e di "Le parole di Sara" e del racconto "Sara che aspetta". Sara adesso è anche la nonna di Massimiliano, figlio del defunto figlio Giorgio e di Viola, una giovane fotoreporter, ma è sempre e soprattutto l'invisibile osservatrice e lettrice di gesti nei quali trovare le chiavi per l'interpretazione della realtà. Sara, insieme a Viola e all'ispettore Davide Pardo, sono diventati se non una famiglia, una improbabile ma efficacissima squadra d'azione per risolvere i casi che, loro malgrado, gli si presentano.
«Perché ogni giorno, alle undici in punto, l'ispettore Davide Pardo prendeva il caffè. Ci teneva tanto a quel verbo. Lui prendeva il caffè, non lo beveva. La distinzione era fondamentale. Prendere il caffè era diverso: ci si concedeva una pausa, un momento per sé. Era un rito sacro, irrinunciabile. Da consumare in religiosa solitudine.»
È mentre sta per assaporare il caffè delle undici che dal passato di Pardo arriva il vicecommissario Angelo Fusco che, in fin di vita, chiede a Davide di metterlo in contatto con un detenuto che è ricoverato in non migliori condizioni. L'ispettore sottovaluta l'urgenza della richiesta e accade l'irrimediabile. Da quel momento, Pardo coinvolge Sara e Viola in un'indagine poco ortodossa per portare alla luce un mistero di trent'anni prima, che ha avuto dolorose conseguenze anche nel passato più recente.
Nessuno immagina, però, che la vicenda che ha rovinato diverse vite collida inaspettatamente con il rapporto che Sara aveva con Massimiliano Tamburi, l'unico uomo che abbia mai amato e per il quale ha lasciato il marito e il figlio bambino.

"Una lettera per Sara" prende spunto quasi interamente da una vicenda realmente accaduta: Maurizio de Giovanni, infatti, dedica il libro a Graziella Campagna, una diciassettenne scomparsa improvvisamente nel nulla e che poi si è scoperto, trent'anni dopo, essere stata vittima di un delitto di mafia.
"Preferisco che Sara indaghi sui piccoli misteri, invece che sui grandi eventi storici - ha dichiarato l'autore nel corso di un'intervista esclusiva - e il delitto di Graziella Campagna meritava di essere ricordato per tutte le vite che ha anche indirettamente rovinato. La macchia nera di un omicidio non si cancella, anche dopo tanti anni."
A differenza delle altre serie di De Giovanni, Sara è completamente "nera": in Sara non c'è Napoli, ridotta al rango di scenario quasi invisibile, dai toni freddi e cupi, irriconoscibile nel suo silenzio dei quartieri residenziali. "Ma Sara è così, non vuole palcoscenici invadenti, è intima, dolente. La sua storia non vuole che qualcos'altro le rubi la scena" ha dichiarato l'autore.

In foto Maurizio de Giovanni, proprietà dell'autore.
«Così Sara si era rimessa ai fornelli. Davvero il cibo custodiva la storia dei suoi sentimenti. La differenza tra sfamarsi e cucinare, pensò, è l'amore.»
Anche in questo capitolo si sente forte l'amore di Sara per Massimiliano: Sara non è mai scesa a patti col mondo e col tempo, quando si tratta di sentimenti, e ha scelto di mostrarsi così com'è, senza finzioni, anche nelle scelte meno condivisibili. In questo episodio, però, ravvisiamo una possibile crepa nella corazza indistruttibile di questo sentimento che sfida anche la morte: cosa succederebbe, infatti, se tutto quello in cui ha creduto Sara non fosse esattamente come ha sempre sentito che fosse?
Potrebbe crollare tutto e De Giovanni ci pone davanti al dolore di assistere ai dubbi di questa donna forte che ha scelto di non nascondere niente al mondo, se non se stessa.
«Pardo aveva sperimentato la forza degli occhi di Sara, che la donna teneva quasi sempre rivolti a terra o verso un punto imprecisato. Erano azzurri e penetranti, e riuscivano per qualche strana magia a mettere gli altri di fronte al proprio lato oscuro. Erano bellissimi e tremendi, e lei era molto abile a risultare anonima pur essendo in possesso di uno sguardo così.»
In una serie che ruota attorno a diverse figure di donne determinate, l'ispettore Davide Pardo costituisce l'unica vera essenza dei valori abitualmente attribuiti all'animo femminile: è materno nei confronti del piccolo Massimiliano, è alla ricerca dell'amore con cui costruire una famiglia, è quello che cerca il contatto e l'approvazione delle donne che gli stanno attorno.
"Davide ha dei difetti, come tutti, ma il problema è che lui ne è perfettamente conscio - precisa De Giovanni -. È l'unico personaggio maschile ma è anche l'unica mamma tradizionale nel romanzo. Fa tenerezza perché crede che Viola e Sara si mettano a disposizione dell'indagine per aiutarlo e non ha capito che ognuna di loro ha il suo scopo: Sara per scoprire cosa nascondeva Massimiliano nel suo passato e Viola per uscire dal ruolo di madre che vuole fagocitarla. Davide Pardo ha il superpotere della normalità in un gruppo di donne che hanno capacità fuori dall'ordinario."
"Una lettera per Sara" è un capitolo doloroso e necessario nel processo di scoperta di questo personaggio fatto di ombre e silenzi, ma che riesce a trasmettere al lettore la sicurezza che in tutto quel buio ci sono infinite sfumature. È di quelle sfumature che sono fatte le storie che racconta Maurizio de Giovanni e che mi hanno conquistato fin dalla prima lettura.



[ringrazio la casa editrice Rizzoli per il libro e per l'incontro con l'autore]

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