Recensione: Pimpernel. Una storia d'amore di Paolo Maurensig



«Tutte le volte che tornavo a Venezia non mancavo di andare al Lido, soprattutto con la bella stagione. Era quasi un atto formale di cortesia nei confronti della città dogale, come l'ammirazione che si esprime per il giardino ancor prima di varcare la soglia della casa che ci ospiterà.»

Un paesaggio struggente, l'atmosfera da Grand Tour con una luce decadente e magnifica sono lo scenario su cui si apre "Pimpernel. Una storia d'amore" di Paolo Maurensig [Einaudi].

In realtà, inizia così la storia di Paul Temple, scrittore americano che a Venezia cerca ispirazione per una nuova storia dopo il successo del suo romanzo "Pimpernel" la cui appassionata e indomita protagonista ha conquistato il favore del grande pubblico, quando lui, però, puntava all'élite intellettuale che lo ha snobbato.
A Venezia incontra Miss Annelien Bruins con cui nasce un sentimento delicato: insieme passeggiano per le calli e cercano un dipinto che possa essere la summa della bellezza e la fonte della nuova ispirazione di Paul. Una storia d'amore, come precisa il titolo, che è come un acquerello che nasconde un impetuoso dipinto a olio, artisticamente impossibile ma, anche per questo, ancora più magico. Una serie di segreti e disavventure porteranno a un epilogo inaspettato.

«Sin dal suo primo manifestarsi, l'amore indica in noi l'assoluta inettitudine alla felicità: invece di viverlo e apprezzarlo come un dono, non appena se ne manifestano i sintomi, lo paventiamo come una specie di malattia portatrice di indicibili costrizioni e sofferenze.»

Il libro che Maurensig ci consegna, però, inizia una decina di pagine prima dell'incipit del Pimpernel narrativo, con la voce dell'autore in prima persona che racconta di come nel 2010 intendesse realizzare un film su capolavoro di Henry James, "Il carteggio Aspern" ma che il fortunoso ritrovamento di un racconto inedito di Henry James, gli avesse fatto cambiare soggetto.

L'autore racconta come, durante le ricerche legate al film, abbia conosciuto una giovane donna che gestiva una libreria antiquaria: è lei a consegnargli un racconto di James rinvenuto in una vecchia scatola di latta per biscotti che faceva parte di un fondo acquistato in blocco alla morte del proprietario.

Il misterioso ritrovamento lo distoglie completamente dall'idea del film e lo catapulta in un'epoca lontana e affascinante: le ricerche per il film vengono scalzate dai tentativi spasmodici di decifrare la calligrafia, in parte sbiadita dal tempo, e ricostruire una storia che abbia un senso.

«Noi stessi potremmo vivere una storia scritta da un ignoto autore del passato, sicché la nostra sorte dipenderebbe unicamente dalle sue scelte e dal suo umore. A volte mi sorge il dubbio che il Padreterno, stanco di dover delineare il destino di ogni singolo individuo, abbia demandato questo compito agli uomini di lettere, inducendoli a inventare loro stessi il destino di altri uomini. Spesso mi passa davanti agli occhi l'immagine di una moltitudine di scrittori, tutti allineati dietro i loro banchi, come tanti scrivani e copisti che si danno il turno, e continuano fino alla morte a compilare gli atti delle altrui esistenze.»

"Pimpernel" è un libro nel libro e l'autore è creatore di se stesso e dell'autore del racconto che dice di aver trovato. Una metanarrazione che racconta una metastoria d'amore, visto che il ritrovamento del racconto d'amore è l'espediente che permette all'autore di trovare l'amore (sposa la libraia che glielo ha consegnato).

Se si mette da parte per un momento la prima parte del libro, ci si trova per le mani una narrazione d'altri tempi, per atmosfere, personaggi e colore del linguaggio, che in questo è molto cinematografico con un vero e proprio cambio di scena, di luci e di fotografia. O almeno, così si è presentato ai miei occhi.

Mi è sembrato quasi che lo spirito di Henry James avesse posseduto Maurensig per prendere in prestito la penna e offrirgli il suo modo di narrare, l'introspezione psicologica dei personaggi, quel senso di esilio, la maestosità decadente di Venezia, tra serate nei palazzi nobiliari e caffè ai tavolini in Piazza San Marco.
Un metastile narrativo che crea qualcosa di completamente nuovo, affascinante e disturbante, allo stesso tempo, da cui è impossibile distogliere lo sguardo.

«Anche i libri possono determinare l'andamento della nostra esistenza, o darci una spiegazione di ciò che ci accade. A volte ce li ritroviamo tra le mani ed ecco che tra quelle pagine riconosciamo un messaggio indirizzato a noi stessi.»


[libro omaggio della casa editrice]

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