Recensione: Il blu delle rose di Tony Laudadio


«Ma non lo vedi che non è cambiato niente?
Che tutti hanno ancora paura, anche se non ce ne sarebbe più motivo?
E poi io non ho mai vissuto nella paura. Gli animali sono sempre esistiti,
bisognava solo difendersi dai più feroci, come facciamo con lupi, orsi e tigri».

La guardò negli occhi. Poi riprese:

«E se insieme a tutti i criminali stessimo uccidendo anche
le menti migliori di questa generazione, gli artisti, gli scienziati?»

Siamo sicuri di saper distinguere nettamente il bene dal male? Siamo certi che una divisione così netta giocherebbe a nostro favore?

Questi e altri interrogativi etici e morali sorgono dalla lettura di "Il blu delle rose" di Tony Laudadio, uscito a fine agosto per NN Editore.
Ci troviamo per le mani una favola distopica ambientata nel 2047, la tecnologia ormai domina qualsiasi aspetto della vita umana e la Terra sta cercando di guarire da tutto il male che i secoli precedenti hanno fatto all'ambiente. Quando fa caldo, fa caldissimo e le stagioni si susseguono velocemente con fenomeni violenti. 

In compenso, però, la criminalità è quasi del tutto sparita e non per un'ondata di virtuosità spirituale: una ventina d'anni prima, infatti, un team di scienziati genetisti ha scoperto e isolato il cosiddetto gene C responsabile dei comportamenti violenti e criminali. Dopo la scoperta, il governo ha imposto il controllo delle nascite - ogni feto viene testato nel ventre materno e quando presenta il gene C è eliminato per legge - e la società ne è risultata pacificata. 

Quando Elisabetta Russo, una degli scienziati che ha lavorato alla rivoluzionaria scoperta, viene invitata alla cerimonia di anniversario dell'entrata in vigore della Legge Genesi, in seguito all'aggressione di un'attivista contraria alla legge, inizia a nutrire seri dubbi su tutto quello che ha contribuito a creare.

«Davanti alla rosa blu aveva cominciato a capire il perché di certe domande che le frullavano nella testa fin da bambina: il concetto dei numeri all'infinito, le rette parallele, i limiti fisici degli occhi nel percepire la gamma dei colori e della luce, la natura che si piega all'uomo e l'uomo che si piega alla sua stessa natura.»

Pian piano, attorno a lei le cose iniziano a cambiare: Elisabetta nota cose che prima, pur essendo sotto i suoi occhi, non le sfioravano nemmeno i pensieri. Rivaluta il rapporto con sua madre e anche con il giardiniere Nghele, diventato nel corso degli anni uno di famiglia, una famiglia che nemmeno lei credeva di avere.

"Il blu delle rose" è il lungo racconto di un certo momento della vita di Elisabetta mentre davanti ai suoi occhi assiste al mutamento dei parametri con cui fino ad allora ha letto la sua realtà. Quello che pensava fosse giusto, a ben guardare,  non lo è, o almeno: lei non è più sicura che lo sia.
Lei, che aveva messo a punto un sistema pressoché infallibile per individuare il gene criminale nei bambini non ancora nati, non si era mai messa nei panni di chi ha un desiderio talmente forte di essere madre da non guardare in faccia a nessuno, men che meno alla legge. 

«Non erano risposte, questo lo sapeva, la rosa blu non dava risposte, ma quantomeno spiegava il motivo delle domande.»

Tony Laudadio fa sentire forte la sua voce in una riflessione che spinge il lettore verso un bivio da cui difficilmente riuscirà a svincolarsi. O meglio, si svincolerà ricorrendo a una umanità che, secondo la società distopica descritta, doveva essere se non sparita, quanto meno in forte remissione.

Quando mi trovo di fronte a un romanzo distopico - vinto il primo momento di immotivato fastidio che mi coglie ogni volta - sono sempre contentissima di curiosare in uno dei possibili futuri immaginati e, chissà, se mai realizzabili.

La storia di Elisabetta, i suoi dubbi, le sue paure, sono diventati anche i miei dubbi, le paure di una madre che ha sentito la vita dentro di sé e che l'avrebbe difesa a qualsiasi costo.

«Di cosa avevano paura? Non dovevano più avere paura di nulla, non ce n'era motivo. E poi si rispose con amarezza: Non c'è bisogno di un motivo per avere paura.

Dopo "L'uomo che non riusciva a morire" e "Preludio a un bacio", Laudadio porta la sua capacità riflessiva alle estreme conseguenze con "Il blu delle rose", dove si toccano apici radicali da cui non si riesce a sfuggire.

La scienza, che potrebbe essere il baluardo salvifico in cui rifugiarci alla ricerca di cure innovative e miracolose, diventa, in questo futuro distopico, una gabbia da cui l'uomo sente il bisogno di scappare per preservare la sopravvivenza della sua stessa vita.

Leggete "Il blu delle rose" se sognate una società senza crimini, senza diversità, senza quell'eterogenea forza caotica che è alla base dell'umanità più vera. Tony Laudadio vi dirà che è possibile, ma vi illustrerà anche il costo da pagare.

Siamo sicuri che il bene sia l'assenza del male?



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