Recensione: Oliva Denaro di Viola Ardone


«Meglio se fossimo nate maschi come Cosimino, invece femmine siamo e la vita ci si è ingarbugliata addosso.»

Ci sono dolori che passano sotto pelle, indipendentemente se la pelle ferita è la tua.
Il dolore che squarcia l'essenza più intima di Oliva colpisce tutte le donne, sia quelle che come lei negli anni '60 hanno dovuto sentirsi schiacciare dalla violenza e dall'ingiustizia, sia quelle di oggi, dove apparentemente si dovrebbe esserne a riparo.

"Oliva Denaro" di Viola Ardone [Einaudi] è il nome della protagonista a cui, prima capita la sfortuna di nascere donna e poi, di nascerlo nella Sicilia del 1960.
I Denaro vivono della terra e la madre, Amalia, è la ricamatrice più brava del paese, Martorana. Oliva ama studiare e odia le imposizioni della madre, che teme che ogni cosa possa infangarle il benamato onore. A suo fratello gemello Cosimino, invece, niente è imposto e tutto concesso, per fargli godere del suo essere un maschio, anche senza abilità particolari. La sorella più grande, Fortunata, è sposata al nipote del sindaco e, nonostante sulla carta sarebbe dovuto essere un matrimonio ideale, la ragazza è segregata in casa, ormai l'ombra di sé stessa.
Quando il figlio del pasticciere Paternò posa gli occhi su Oliva, a tutta prima, la sorpresa non le permette di capire che c'è qualcosa che la infastidisce: lui è bello da far girare anche le sante per strada, è ricco e la guarda come se fosse una pastarella appetitosa, lei, senza forme e timorosa che mai gli ha rivolto né una parola né uno sguardo.
La violenza che ne segue è una storia nota nella storia delle donne di tutti i tempi, solo che negli anni '60 vigeva ancora il matrimonio riparatore che annullava la colpa e cancellava il reato.
Ma Oliva dice no.

«Dire di sì lo sa fare anche l'asino, il no invece costa fatica, ma quando inizi non la smetti più.»

Come ne "Il treno dei bambini", Viola Ardone fa un lavoro prima di tutto sulla lingua, rendendo il linguaggio e il ritmo delle parole, una parte caratterizzante dei personaggi e della storia: senza, non sentiremmo lo sguardo pastoso di Paternò che fruga il corpo di Oliva per strada, il suo sorriso che la sporca anche senza toccarla; senza, non sarebbe palpabile il disagio causato dalle parole delle malelingue che sibilano e ungono come olio per strada e come uno sciame di vespe la raggiungono dappertutto.

Il dolore di Oliva è un morbo strisciante che tocca tutte le donne, perché le ingiustizie della Storia quando diventano consuetudine - "mondo era e mondo é" - fanno ancora più male.
Nessuna donna mai aveva pensato che fosse possibile provare qualcosa di diverso dalla gratitudine per l'uomo che le aveva usato violenza e poi si era offerto di sposarle.

«La femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia, così dice mia madre.»

La brocca rotta non si può riparare e le madri si premurano attentamente che l'onore delle proprie figlie non si incrini, nemmeno per un pettegolezzo infondato. Quando Oliva si rifiuta di sottostare alla consuetudine di sposare il proprio stupratore, si incrina tutto: l'onore, la sicurezza dei paesani che tutto fosse riparabile, la consuetudine di sposare le figlie a uomini che gesti del genere non dovrebbero nemmeno immaginarli. Tutto va a rotoli, ma in Oliva c'è qualcosa di più forte ed è la sua volontà.

Persino sua madre, strenua paladina dell'onore della famiglia anche contro la logica, si spezza e lascia uscire una donna che difende un'altra donna, una madre che tira fuori le unghie per sostenere sua figlia contro un mondo sbagliato.

- La grammatica serve anche a modificare la vita delle persone.
- E che significa, maestra?
- Che dipende da noi, il femminile singolare, anche da te.

"Oliva Denaro" ci regala diversi personaggi da ricordare, oltre alla protagonista, e un pezzo di cuore lo merita il padre, Salvo Denaro, un uomo che è "favorevole al silenzio" ma quando parla sa sempre dire la parola giusta per indicare la strada.

Nel 1981 viene abrogato l'articolo del Codice Penale che consentiva il matrimonio riparatore annullando il reato di stupro e la storia di Oliva è la storia di chissà quante donne che non hanno avuto voce, che hanno dovuto calare la testa e dire sì.

Viola Ardone ci somministra un veleno e anche l'antidoto, per cui il dolore che si insinua nella carne pian piano viene lenito da un balsamo lento e un po' amaro che ci dà però l'illusione di essere salvi.
E dopo aver letto un libro così, con una voce che sentiamo forte e chiara, un po' salvi lo siamo davvero.

«Questo faccio io. Se tu inciampi, io ti sorreggo.»


[libro omaggio della casa editrice]

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