Recensione: Pioggia per i Bastardi di Pizzofalcone di Maurizio de Giovanni


«Non smetterà mai di piovere.
Continuerà per sempre. Non sarà più possibile uscire all'aperto, l'acqua salirà, raggiungerà i piani alti dei palazzi, tutti moriranno e l'umanità si estinguerà insieme agli animali in terra.
Sopravvivranno solo i pesci.»

C'è un omicidio, forse anche più di uno. Ci sono dei poliziotti un po' particolari, che sono soprattutto uomini e donne con vite piene di dolori, gioie e dubbi. Umani, troppo umani. C'è una città piena di contraddizioni, tra luci e ombre, che porta sulla pelle i tanti pregiudizi e i tanti errori.
E poi c'è la pioggia, battente, incessante, distruttiva, che entra nelle case, nei vestiti, perfino nella testa.

"Pioggia per i Bastardi di Pizzofalcone" di Maurizio de Giovanni [Einaudi], però, è un libro sui padri e sui figli.
Padri assenti, che chiudono gli occhi di fronte al dolore dei figli e figli persi in abissi nerissimi. Padri prepotenti, per cui conta solo la propria volontà e figli pieni di desideri inespressi. Padri presenti, che vivono degli sguardi e dei sorrisi dei figli, che soffrono di ogni loro dolore e figli che cercano di uscire dalle loro braccia. Ci sono padri che non sapevano di esserlo e che ora non ce la fanno più ad aspettare e figli di enorme saggezza che quei padri vogliono prima conoscerli e poi decidere se possono entrare o no nella loro vita. Poi ci sono padri senza istinto paterno, ma con un cuore che è entrato nel ruolo senza bisogno di tante etichette e figli che sanno essere catene e tenerezza.

Padri e figli, immersi in una pioggia di incertezze e indecisioni, in lotta perenne e in cerca di pace.

«Non smetterà mai di piovere, e non importa. Sarà meglio, anzi, così questa maledetta città si laverà, alla fine.»

Quando ricevono la chiamata al commissariato di Pizzofalcone, i Bastardi stanno combattendo contro la pioggia e contro loro stessi: Lojacono non riconosce più sua figlia, improvvisamente triste e chiusa in sé stessa; Palma guarda Ottavia e sente il cuore frantumarsi in mille pezzi e poi ancora mille, sempre più piccoli; Ottavia, dal canto suo, sa di non poter continuare a vivere una farsa; Romano arde d'amore ma non per sua moglie; Alex non sa che sta per caderle una tegola in testa; Aragona muove i piedi in una danza tutta sua, senza musica; Elsa è talmente impegnata a cercare di inquadrare la sua vita da non vedere quello che ha sotto gli occhi; Pisanelli trova ogni giorno un modo diverso per declinare il suo stato di pensionato.

Uno degli avvocati penalisti più conosciuti - e bastardi - di Napoli, Leonida Brancato, è stato trovato morto nel suo appartamento. Non ci sono tracce in casa, dai rilevamenti nessuno è entrato né uscito dall'elegante palazzo dove abitava. Eppure, l'ottantenne, ritiratosi dalla professione già da una decina d'anni, è stato strangolato e poi l'assassino si è accanito a calci sul cadavere, un segno di rabbia profonda, incontrollabile.
Gli uomini di Pizzofalcone, sotto il comando del vicequestore Palma, sono subito implicati completamente nelle indagini, nonostante la sfiducia della questura e del piemme Sommella. Del resto, è proprio quando nessuno ci crede che bisogna dare il meglio di sé, giusto?

«Non smetterà mai di piovere, e la memoria ricorderà soltanto acqua e acqua, con l'infinito battere di gocce su vetri e lamiere e pareti, e pian piano nessuno parlerà più perché sarà inutile, e si udirà solo il rumore, tac-tac e tac-tac, in continuazione. »

Il dodicesimo libro della serie dei Bastardi di Pizzofalcone ci presenta una ulteriore e più complessa evoluzione dei personaggi. Da quel lontano 2012 con "Il metodo del coccodrillo", la squadra di poliziotti reietti e in cerca di redenzione non manca mai di scavare nell'animo di quelli che, più che personaggi, si sono imposti come persone a tutto tondo, con difetti, paure, ansie e una profonda ricerca di equilibrio.
Di libro in libro, le storie mantengono alta l'attenzione sui dettagli, come se una lente d'ingrandimento andasse a evidenziare per il lettore l'elemento che potrebbe sfuggire ma che in realtà possiede un'importanza capillare. E negli interstizi, più o meno ampi, Napoli, stavolta annegata di pioggia ma che riesce a stare a galla, sempre.

Nel panorama del giallo italiano, la serie dei Bastardi di Pizzofalcone occupa una posizione predominante perché Maurizio de Giovanni ha saputo articolare le diverse indagini districandosi tra le minuzie dei sentimenti e quelle dei crimini, e dove per gli uni non c'è una soluzione, per gli altri interviene immancabilmente la giustizia terrena.

Se durante la lettura immaginate i personaggi coi volti con cui compaiono nella serie tv, non è del tutto sbagliato: le due linee di narrazione si dipanano diversamente, in alcuni casi, ma sono indissolubilmente legate e se all'agente Aragona letterario non corrisponde il fascino televisivo di Antonio Folletto, la sostituzione non andrà a discapito della verve del personaggio.

La scrittura emozionale di De Giovanni merita niente di meno che una lettura altrettanto emozionale, che si lascia andare tra gli alti e bassi di angoscia e sollievo, a rotta di collo fino al finale.
Io, che è dal 2012 che mi infiltro alle riunioni di squadra dei Bastardi, non ho ancora imparato: ogni volta mi dico che, visto che ne ho sentito la mancanza, lo farò durare di più, questo benedetto libro, e invece. Non vado mai oltre i due giorni.

E ora eccoci qui, con un libro finito tra le mani e la solita, petulante, domanda negli occhi: quanto dovremo aspettare per tornare al commissariato di Pizzofalcone?

«Non smetterà mai di piovere.
La pioggia laverà tutto, è soltanto questione di tempo.
Soltanto questione di tempo.»

[libro omaggio della casa editrice]

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