Recensione: I segreti del giardino d'inverno di Lucille Bauman


Era da un po' di tempo che non leggevo libri autopubblicati. Dopo le ultime delusioni, mi ero imposta di non cascarci più: mi sembrava finita l'epoca in cui compravo self e scoprivo autrici che poi, fortunatamente, sono arrivate alle case editrici. Ma spesso la tentazione di una sinossi ben scritta è difficile da combattere. E così ci sono ricascata.

De "I segreti del giardino d'inverno (I destini di Villa Hoffmann vol.1)" di Lucille Bauman mi è piaciuta la sinossi e la copertina. Poi, sorprendentemente, fin dalle prime pagine ho detestato ogni aspetto della protagonista, Viktoria, e della narrazione.
La sinossi recita così:

Germania, 1914. Viktoria Hoffmann è la giovane promessa dell’aristocrazia del Württemberg, ma niente la accomuna alle sue coetanee. È capricciosa ed egoista, e seppure innamorata del giovane Christian Kruger rifiuta di sposarlo, decisa a vivere appieno la sua vita e vedere finalmente Berlino, la città dei sogni in cui si trasferisce con Hanneke Meyer, sua cara amica nonché amore segreto del fratello Stefan. Viktoria è inquieta, lo è dalla nascita, e cerca una risposta in una società in fermento, ma la lotta suffragetta cui si appassiona le regalerà solo una cocente delusione. La ferita inferta dalla politica e la minaccia che grava sui suoi affetti allo scoppio della guerra, la più imponente che il mondo avesse mai visto, le permetteranno di trovare dentro di sé i suoi ideali, valori per i quali non esita a scontrarsi con la sua famiglia pagando con la miseria il prezzo delle sue idee, e ritrovare l’amore per Christian, il padre di sua figlia Marlene, in una lotta con se stessa e con la storia che guiderà Viktoria sino agli ospedali da campo francesi, in un duello all’ultimo respiro tra la vita e la morte. 
"I segreti del giardino d’inverno" è il primo di tre romanzi di una saga al femminile che attraversa la Storia, dagli orrori della Prima Guerra Mondiale al Nazismo e poi sino all’America degli Anni ’70. 
Tre epoche storiche non lontane, eppure separate da un baratro di passioni disperate e solitudini. 
Tre storie fortemente umane e universali. 
Tre storie indipendenti, eppure legate in un unico respiro dalla figura di Viktoria Hoffmann.

Già da queste righe si capisce che c'è tanta, forse troppa, carne sul fuoco. Le vicende narrate, a causa anche del periodo storico in cui sono ambientate, richiederebbero maggiori approfondimenti e, probabilmente, una scrittura più fluida che in questo caso, forse a causa dell'inesperienza dell'autrice, manca del tutto. Fatico a gestire il pensiero che ci possano essere altri due libri come questo, ma confido che magari, scrivendo e correggendo, Lucille Bauman riesca a raggiungere il suo pubblico.

Anche stavolta metto in pausa la lettura di self a tempo indeterminato. 
O fino alla prossima tentazione, almeno.

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