Recensione: L'estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel


Quante volte ci siamo trovati di fronte al male e ci siamo lasciati spiazzare dal volto inaspettato che aveva?
È facile pensare che nell'ombra ci sia quello che non possiamo che immaginare come brutto e malvagio. Ma se il diavolo arrivasse portando con sé la luce del sole più calda e brillante mai vista?

"L'estate che sciolse ogni cosa" di Tiffany McDaniel [Edizioni Atlantide] è un libro che ha il potere della scrittura che tocca, penetra, conquista e si assedia senza rimedio alcuno nel nostro animo. O almeno, a me è successo così.

A Breathed, Ohio, Autopsy Bliss è il pubblico ministero nel tribunale locale. Fin da piccolo, Autopsy è venuto a contatto con una fede molto semplice e gretta, che traccia nettamente i confini di bene e male, senza sfumature. Nel suo lavoro, però, Autopsy ha guardato in faccia al male e non sempre l'ha riconosciuto. Così, nell'estate del 1984 decide di scrivere e pubblicare sul giornale locale una lettera di invito al Diavolo, affinché vada a Breathed in pace. A trovarlo per primo è Fielding, figlio minore di Autopsy e voce narrante di tutto il libro. È negli occhi di Fielding che si palesa la prima incongruenza: quel bambino dalla pelle nerissima con gli occhi più verdi che si possano mai immaginare, magrissimo, con una salopette di jeans logora e l'aria esausta non può davvero essere chi dice.

Durante la lettura, mi sono chiesta più e più volte dove fosse il Male, quello che con la lettera maiuscola, quello che esplode fugando qualsiasi dubbio. Ho trovato la risposta, se è questo che volete sapere, ma non so se mi è piaciuta.

"L'estate che sciolse ogni cosa" è l'esordio narrativo di Tiffany McDaniel e non è difficile immaginare perché abbia vinto diversi premi e riconoscimenti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. La lingua in cui viene espresso ogni pensiero - che noi leggiamo nell'ottima traduzione di Lucia Olivieri -  è affilata, studiata, perfettamente combinata a formare una melodia che si snocciola nella testa formando immagini nitidissime. Un esordio che ricorda, a parer mio, i grandi narratori americani.

Lo sentiamo davvero sulla pelle, il caldo micidiale di quell'estate del 1984, e riusciamo a sentire la tensione che si irradia dagli sguardi degli abitanti di Breathed mentre camminiamo con Sal (il nome con cui decide di farsi chiamare il diavolo) per le strade di questa cittadina che non esiste realmente, ma che può essere qualsiasi piccola città della profonda provincia americana.

Questo è il primo libro che leggo di Edizioni Atlantide, ma già mi è sembrato di capire che il loro catalogo rientra in quella bellezza che rispecchia pienamente i buoni propositi libreschi che mi ero segnata all'inizio di quest'anno.

Leggete "L'estate che sciolse ogni cosa" se avete bisogno di un bel libro che dia uno schiaffo alle vostre convinzioni, lasciatevi accarezzare dalla brezza che, ad un certo punto lo capirete, non vi dà il sollievo che vi aspettavate.

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