Recensione: Heidi di Francesco Muzzopappa



Ad Heidi sorridono i monti e le caprette fanno ciao, ha un amico di nome Peter e un nonno che, per quanto burbero e solitario, la ama e tiene a lei. L'erba di Heidi è sempre più verde, anche perché non è che possa vantare chissà quanti vicini con cui fare il paragone. Heidi vive in Svizzera e da allora, quando si parla della nazione con la bandiera bianco crociata, non facciamo altro che immaginare prati sconfinati, caprette saltellanti, pastorelli sorridenti e formaggio, tanto formaggio.

Ammetterete, quindi, che Chiara Lombroso, che vive e lavora a Milano nel mondo dei casting per lo spettacolo, si senta leggermente confusa quando suo padre inizia a chiamarla col nome della pastorella svizzera. Eppure la protagonista di "Heidi" di Francesco Muzzopappa [Fazi Editore] fatica a correggere quello che è stato il critico letterario più temuto d'Italia, colui che ha sempre cassato e bocciato anche le penne ritenute tra le più promettenti della letteratura moderna. E fatica a dire a suo padre che quello non è il suo nome e che nel cassetto del comodino non si è nascosto nessun agnellino per tutta una serie di motivi. Primo fra tutti, forse, la stanchezza.

Muzzopappa traccia, grazie ad un'ironia pungente e carezzevole allo stesso tempo, un quadro molto lucido della velocità con cui corre la metropoli italiana. Il ritmo veloce del lavoro e delle giornate, di conseguenza, porta ad una stanchezza perenne nei rapporti sociali al di fuori dell'ufficio. Capita sempre più spesso che la vita si riduca al weekend e anche lì non è che sia proprio tutta questa festa danzante.

Qui il tempo è denaro, il denaro è la vita e la vita è lavoro. La fregatura è questa.

Ecco, Chiara si muove trascinandosi da una corsa a un'altra, la mente stanca alla ricerca di idee per dei format televisivi innovativi e geniali. O, forse, tutto il contrario, cioè dei format che siano talmente banali da risultare geniali. Perché il pubblico questo vuole.
In tutto questo, deve occuparsi anche dell'anziano e malato genitore, sempre più confuso in una realtà che fatica a riconoscere. Il destino, però, a volte riserva sorprese anche piacevoli, impacchettate nel piacente involucro di Thomas, l'assistente motorio di suo padre, biondo e abbronzato che sembra più un surfista che un fisioterapista.

Mi sono piaciuti i diversi livelli narrativi di "Heidi", perché quello che a tutta prima sembra un romanzo su una ragazza incasinata che si affanna per arrivare viva a fine giornata, alla fine si è rivelato un romanzo su una ragazza incasinata che riesce a dipanare conflitti familiari, a ricostruire l'affetto e il rapporto con un padre che è sempre stato distante, a trovare l'amore e a ridere della vita. E non mi sembra per niente poco, considerando che questo libro ha una simpaticissima capretta in copertina!

Leggete "Heidi", ne resterete contenti sia se cercate una bella scrittura sia che abbiate bisogno di un lieto fine non troppo scontato.

P.S.: Vivo in Svizzera e vi assicuro che, sebbene ci abbia provato, le caprette non mi hanno mai fatto ciao, ma nemmeno un gesto di intesa con la testa, niente. Si vede che Heidi era più simpatica, che vi devo dire.

[libro omaggio della casa editrice]

Commenti