Recensione: Napoli mon amour di Alessio Forgione


Come si fa a staccarsi dalle proprie radici? Come si immagina una vita lontano dalla vita che abbiamo sempre conosciuto? Come si scelgono le priorità a cui dare importanza per continuare a vivere?

Queste domande mi ronzano nel cuore da quando mi sono trasferita in Svizzera. Non è un mistero che io abbia lasciato Napoli per seguire l'amore ed è ancora meno un mistero il fatto che non sia stato un passo facile, né per me né per mio marito. Quali risposte ho trovato? Tante e nessuna che possa diventare un assunto universale.
Quanto meno non saprei se quelle stesse risposte avrebbero potuto dare una soluzione anche ad Amoresano, il protagonista del romanzo di esordio di Alessio Forgione, "Napoli mon amour" [NN Editore].

Amoresano - che è il cognome, il nome non lo scopriremo mai - ha trent'anni, due lauree, un passato da marinaio e un futuro di cui non riesce a vedere le coordinate, disperse in mille annunci di lavoro, in colloqui senza sbocco, in una ricerca spasmodica delle risposte a interrogativi forse troppo grandi. Amoresano si muove in una Napoli che, pur conservando il sole e il mare che tutti conosciamo, diventa asfittica, avvolta da una nebbia disorientante in cui tutti sembrano muoversi senza andare da nessuna parte. 

«Mi ritrovai davanti al mare e nell'impossibilità di proseguire mi sentii braccato. Era lì, davanti a me, fermo e immobile ed enorme. Pensai che a molte persone le città di mare davano l'idea di infinito, perché gli offrivano, in una maniera piuttosto semplice ed elementare, la possibilità della fuga. A me no, non avevo questa sensazione. Pensai che avevo camminato e che la città era finita e che non m'era successo niente e che non c'era la possibilità d'andare oltre e poi mi ricordai che in nave mi piaceva guardare il mare, perché mi piaceva immaginare che oltre l'orizzonte, ovunque fossi, ci fosse Napoli».

Come lui, anche il suo amico Russo brancola nella mortifera immobilità di una situazione lavorativa inesistente o precaria, ma si fa meno domande, accecato dai piccoli piaceri di una serata ben riuscita e di qualche hobby che dia pace momentaneamente alla testa. In questa cornice frammentata, l'amore arriva senza essere cercato e diventa qualcosa che grava ancora di più sul precario equilibrio emotivo - ed economico - di Amoresano. 

«Mi fu chiaro che tra le tante cose che mancavano nella mia vita, quella che più di tutte mi mancava non era l'avventura né l'amore, ma lei».

La scrittura di Forgione esordisce con forza, con dei colpi secchi all'anima, per poi sferrare, quando meno te lo aspetti, un pugno ben piazzato tra le costole e lasciarti senza fiato.
La storia di Amoresano è quella di migliaia di giovani (napoletani e italiani, in generale) schiacciati da tempi storici che non premiano il merito né l'impegno. È una storia di dolore e di paralisi, un racconto di una vita che cerca di affermarsi a tutti i costi, anche a dispetto di se stessa.
In "Napoli mon amour" ogni cosa perde significato e se Amoresano alza gli occhi al cielo è solo per farsi accecare momentaneamente dal sole e attenuare un po' quella visione di tagliente lucidità sulla realtà.

Arrivata all'ultima pagina, avrei voluto abbracciare Amoresano, dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma di fronte alla profondità del blu - quella stessa profondità di tante estati nel mio mare e che resta sempre nel mio cuore - non ne sono stata più tanto sicura.


[libro omaggio della casa editrice]

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