Leggimi Napoli: Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese

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«Qui, il mare non bagnava Napoli. Ero sicura che nessuno lo avesse visto, e lo ricordava. In questa fossa oscurissima, non brillava che il fuoco del sesso, sotto il cielo nero del sovrannaturale».

Quante volte ho sentito nominare "Il mare non bagna Napoli" di Anna Maria Ortese? Infinite volte, durante gli anni dell'università, e diverse volte quando mi occupavo di cronaca ai miei esordi come giornalista. Nel primo caso, era usato riferendosi al libro, nel secondo al fatto che molte volte sprofondava tutto in un'oscurità d'animo nonostante il sole, il mare, la pizza e i mandolini.

Perché ho aspettato tanto per leggerlo? Perché forse allontanandomi da Napoli, la mancanza delle mie tradizioni, anche di quelle immagini oscure, in alcuni giorni vuole ragione più che in altri.

"Il mare non bagna Napoli" [Adelphi] è una raccolta di cinque racconti, due dallo stile narrativo e tre dal piglio di reportage giornalistico. Pubblicato per la prima volta nel 1953, questo libro valse molte critiche alla Ortese da parte degli intellettuali napoletani con cui, quando viveva a Napoli, aveva condiviso ideali e sogni rivoluzionari.
Leggere questi racconti adesso, mi ha procurato la stessa malinconia che mi coglie di fronte a una  foto in bianco e nero, un po' sbiadita, testimonianza e ricordo di un'epoca che non esiste più.

Anna Maria Ortese compie una fine cesellatura su ogni parola e aggettivo, arricchendo il testo di lunghe descrizioni con lo scopo di far quasi sentire al lettore gli odori che sentiva lei in certe strade, di guardare in certi occhi spenti dalle miserie della vita umana, di conversare avendo davanti proprio quel giovane intellettuale disilluso.

Dopo i primi due racconti, vi confesso di aver avuto qualche difficoltà a passare attraverso la minuziosa narrazione di ogni particolare su cui si posavano gli occhi della scrittrice, ma alla fine, la forza della scrittura e la dolorosa verità del racconto mi hanno sostenuto nella lettura. 
Posso dire di esserne uscita arricchita, in tutti i sensi.

Da un punto di vista emotivo, ho sentito gli spasmi di quella moltitudine di anime perse, ho avvertito l'assenza assoluta di speranza e ho sentito che c'è una parte di umanità per cui il sole non sorge mai.
Come lettrice, sono stata incantata dai ricami e dal ritmo delle frasi, dalla scelta delle parole, dalla selezione dei significati per rendere perfettamente l'idea di quello che l'autrice voleva dire.

L'immagine di Napoli che ne scaturisce è, per certi versi, dolorosamente attuale, perché ci sono ferite che non si cicatrizzano mai e, se pure lo fanno, lasciano un marchio indelebile nel cuore della città.

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