Recensione: Con tanto affetto ti ammazzerò di Pino Imperatore



«I figli so' piezz' 'e core» si dice a Napoli, e a volte quei pezzi, frammentati, divisi, mai più riconducibili ad una amorevole unità, fanno male.
Prova ne sia la vicenda attorno a cui ruota il giallo "Con tanto affetto ti ammazzerò" di Pino Imperatore [DeA Planeta].

Dopo "Aglio, olio e assassino", ritroviamo l'ispettore Gianni Scapece del commissariato di Mergellina e con lui il commissario Improta e tutta la squadra della Premiata Trattoria Parthenope.
Imperatore ci mostra una Napoli diversa dal precedente libro: ci conduce, infatti, nei saloni luminosi e lussuosi di una delle ville più belle di Posillipo, Villa Roccaromana - realmente esistente e con tanto di famosa pagoda che svetta a picco sul mare - e ci descrive uno stile di vita fatto di feste e beneficenza, di desideri vanesi e di bisogni profondi, di vite sprecate e di tempo rubato. Diamo un'occhiata ad una fetta della popolazione napoletana, da sempre divisa dalla dicotomia di alto e basso, di luce e ombre. 

«Napoli è camaleontica. Mutevole e cangiante, in ogni momento; mai uguale a se stessa; capace di rinnovarsi continuamente. Chiunque tenti di inquadrarla in una definizione (come forse sto facendo io adesso) viene subito smentito, perché la città nel frattempo è diventata qualcos'altro».

La vicenda prende avvio quando, per il suo novantesimo compleanno, la baronessa Elena De Flavis dà una maestosa festa nella sua dimora avita e invita anche Scapece e Improta, tutori della legge noti in tutta la città per la risoluzione del precedente caso, che aveva avuto una grandissima eco mediatica, anche grazie al fascino dell'ispettore.
Durante il party a cui sono presenti i tre figli della baronessa e sua nipote, un torpore diffuso mette fuori gioco la maggior parte degli invitati, compreso il commissario Improta, e permette alla baronessa di sparire insieme al suo fidato maggiordomo Kiribaba. Qualche giorno dopo, un corpo orrendamente martoriato affiora dagli scogli di Posillipo: non ci sono dubbi, è la baronessa. Ma a Scapece qualcosa non torna e anche grazie ai Vitiello della trattoria Parthenope, riesce a scoprire ombre ben celate e segreti che fanno male al cuore. Scapece, che una famiglia non ce l'ha più, si trova a rovistare nel fango che può sedimentare tra i rancori accumulati fra persone che hanno un legame di sangue ma non d'amore.

«Io amo la Napoli dei sogni e delle promesse mantenute, della solidarietà e della riconoscenza, la Napoli che inventa, crea, stupisce e non si accontenta, la Napoli dei coraggiosi, degli onesti, di chi ragiona bene prima di dire o fare».

In "Con tanto affetto ti ammazzerò", Pino Imperatore costruisce un giallo che pone quesiti sociali e emotivi e cerca di dar loro una risposta morale che tocca le corde dei sentimenti più innati e del buon senso. La dote insita nella scrittura di Imperatore - che riesce a mescolare ironia, umorismo e spunti di riflessione - permette di ridere e commuoversi a distanza di poche pagine.
Rispetto al precedente capitolo, la figura dell'ispettore Scapece mi è sembrata meno delineata, come se, diventato personaggio sicuro della storia, si muovesse senza bisogno di tante descrizioni. Descrizioni che pure avrei amato in maggiore quantità, visto lo charme e la personalità che tanto mi aveva avvinto nell'altra storia.
La promessa di nuove avventure attorno al commissariato di Mergellina e alla trattoria di buongustai, mi rassicura che tornerò ancora a scoprire qualcosa su questi personaggi e a ridere ancora insieme a loro.



[libro omaggio della casa editrice]

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