Recensione: Eredità di Vigdis Hjorth


«A volte è troppo tardi. A volte è impossibile sanare, è insanabile.»
Gli interessi economici possono dividere una famiglia? Ovviamente sì, soprattutto se non c'è mai stata armonia vera e affetto oltre le apparenze.
Quattro fratelli si trovano a dover fronteggiare le più scomode verità alla morte del padre e all'apertura del testamento in "Eredità" di Vigdis Hjorth [Fazi]. Perché un'eredità non è fatta solo di beni materiali.
«Negli ultimi anni mio padre e mia madre avevano proclamato con insistenza che, per quanto riguardava l'eredità, avrebbero trattato i figli allo stesso modo.»
La voce che ci narra le vicende in prima persona è quella di Bergljot, la figlia maggiore che è vittima, insieme al fratello Bård, di una disparità di divisione dell'ingente patrimonio del genitori, in particolare di due case di vacanza affacciate sul mare del Nord, a Hvaler, assegnate arbitrariamente alle sorelle minori, Astrid e Åsa. Pian piano che la voce della donna si fa sempre più tormentata, comprendiamo che i motivi per cui sono stati esclusi i due figli maggiori sono molto più gravi e complessi di un'ingiustizia materiale.
«Quindi vorresti dire che la tua storia personale andrebbe inserita nella questione sull'eredità, chiesi a me stessa, nella controversia sulle case a Hvaler? Sì, risposi, in tono molto convincente.»
Da quindici anni Bergljot non vede i genitori, non va nella loro maestosa casa e si rifiuta anche di incontrare i fratelli e, quando la questione dell'eredità diventa ingestibile tramite messaggi e e-mail, è costretta a rivivere il dolore che si era portata dentro per tanto tempo, sopportato grazie a anni di psicanalisi e all'appoggio dei figli e del compagno. 
È il momento di parlare, di chiedere di essere ascoltata, di pretendere che il fardello che lei e Bård hanno portato sulle proprie fragili spalle di bambini, venga condiviso con il resto della famiglia.
«Nostro padre aveva commesso qualcosa di fatale e per tutti gli anni a venire aveva vissuto con la paura che venisse scoperto.»
"Eredità" ha vinto il Norwegian Booksellers' Prize e il Norwegian Critics Prize for Literature e ha donato alla sua autrice fama internazionale. 
La scrittura di Vigdis Hjorth ha il lirismo di una poesia dai toni pastello ma freddi, come certi paesaggi nordici, dove la luce illumina infinite sfumature ghiacciate.

La ripetizione di certe formule, di espressioni fisse riferite ai personaggi, mi ha richiamato lo stile formulare tipico dell'epica, come se la memoria di Bergljot che riaffiora fosse un canto antico un tempo conosciuto e poi seppellito sotto il dolore.
«Una rottura è come una morte, fa male soprattutto all'inizio, poi ci si abitua all'assenza e lentamente in te si cancella l'altro, il morto, l'assente.»
La mancanza della struttura tradizionale del romanzo trasmette l'idea di un flusso di coscienza incontrollato, frammentato: le voci dei personaggi si intromettono nel racconto degli incubi e delle visioni di Bergljot e la verità diventa un'impronta appena visibile sulla neve, mentre il lettore arranca sempre più velocemente verso il finale.

"Eredità" è un ottimo esempio di letteratura scandinava, un romanzo amato dai lettori e dalla critica per la precisione e la spietatezza con cui diventa strumento di redenzione e vendetta. Da leggere.
«Non avrei ricevuto nulla dai miei genitori, senza rinunciare alla mia verità.»


[libro omaggio della casa editrice]

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