Recensione: La donna degli alberi di Lorenzo Marone



«Sono sola, sola davvero, finalmente. Non chiedo che di essere dimenticata.»

Saremmo in grado di sottrarre rumore, confusione, tutto il superfluo dalla nostra vita? 
Saremmo in grado, volontariamente, di allontanarci dal cemento, dalla tecnologia, dall'informazione forzata? 
Saremmo capaci di riappropriarci del silenzio, dell'aria che entra nei nostri polmoni, dell'ignoto di ogni giorno che sorge?

Qualunque possa essere la risposta, "La donna degli alberi" di Lorenzo Marone [Feltrinelli] propone diversi spunti di riflessione a riguardo.

«Ora inseguo l'amor proprio, coltivo il piccolo ambizioso progetto di non restare dove non c'è amore.»

Una donna senza nome lascia dietro di sé la città, gli errori, il dolore, per vivere un anno sul Monte, nella casa in cui passava le vacanze da bambina con i suoi genitori. Nel corso dei dodici mesi, la donna si confronterà con le difficoltà create dagli agenti naturali, con il confronto con sé stessa e i ricordi dolorosi, le false convinzioni, gli schemi di pensiero preimpostati da una vita che non sente più sua.

Pian piano, il contatto con la natura e con le forze scaturite dal bosco e grazie all'incontro di alcune persone del luogo che vivono vite fuori dal comune sentire, la donna lascia andare qualsiasi imposizione abbia mai acquisito nella vita e abbraccia il suo vero io.

«Lascio il convincimento che la vita sia prendere sempre un pochino di più, l'indifferenza verso il mondo animale, la paura di ciò che non si conosce, lascio i muri che soffocano, chi salta la fila, le cicche per strada, la condivisione di ogni cosa, l'idea di fare prima degli altri, la ricerca dell'affare, che è approfittare, l'afa delle notti estive di cemento, il cielo senza stelle.

Lascio le cose non destinate a me, ciò che non può farsi meraviglioso. Lascio chi ha troppo e vuole ancora, chi non guarda negli occhi, lascio la parte di mondo che non ha rispetto, e nemmeno gratitudine.»

"La donna degli alberi" è una favola silvestre, un racconto mitologico di come l'uomo entra in armonia con la natura e, così facendo, ritrova il nucleo di se stesso. Come nei racconti della tradizione aedica, i personaggi non hanno nome, ma si identificano solo per quello che fanno o che sono: c'è lo Straniero, un uomo apparentemente distante ma che si rivelerà un sognatore appassionato; c'è la Guaritrice che è un essere boschivo, una sorta di strega della natura; c'è la Benefattrice che si caratterizza per la sua generosità, e poi la Rossa con sua figlia, donne forti e indipendenti. 
Lorenzo Marone costruisce ogni personaggio prima come icona di un sentire e poi come una persona di cui si intuisce il tortuoso passaggio sulla terra.

«L'amore è una cosa molto piccola e personale.»

Mi sono lasciata prendere per mano dalla donna senza nome, senza sapere cosa aspettarmi dal viaggio attraverso le stagioni e la foresta, attraverso un ambiente per me sconosciuto ma affascinante: mi sono fermata a osservare la luce tra le foglie, ho alzato la testa per cercare di vedere la cima degli altissimi pini, ho ascoltato i fruscii degli animali tra le foglie del sottobosco, ho sentito odori mai sentiti prima, mi sono sentita avvolta.
Ho camminato nel bosco e, del bosco, ho vissuto le storie.

«Chi attraversa il bosco porta a casa con sé i suoi odori, il terreno e le foglie secche. Inevitabilmente.»

"La donna degli alberi" mi ha condotto fuori dalla zona di comfort creata da ogni libro di Marone: di solito, fin dalla prima pagina, so che sto per essere coccolata dalle sue parole, dalle immagini, dalle storie e dai personaggi che hanno in sé un'atmosfera diventata ormai familiare, di libro in libro.
Stavolta la voce dell'autore ha una sfumatura diversa, che vuole essere femminile ma che, in alcuni passaggi, mi è sembrata ancora quella sua solita, maschile. Tra queste pagine non c'è la solita dolcezza, anche se c'è dolcezza, con un retrogusto di resina e terra bagnata, ma sempre dolcezza è.

Fuori dalla zona di comfort, in questo caso, significa ricerca di un modo di raccontare diverso che ha una sua innegabile poesia, che riesce ad affascinare proprio con il suo percorso narrativo ignoto e insolito.

«Cammino nei giorni con la gioia del bimbo che ricorda la poesia, a contare i passi che mi allontanano dalla notte. E mi ritrovo viva.»

Sono arrivata all'ultima pagina con la stanchezza delle lunghe passeggiate, ma con il respiro lungo e il pensiero aperto dei bei viaggi, di un'avventura dolorosa ma necessaria.
"La donna degli alberi" è un'esperienza che fa riflettere sul valore della natura, sull'importanza del silenzio e sulla vita dello spirito che, seppur in alcuni casi sopraffatto, abbiamo in noi.

«Poi mi ha preso alla sprovvista e mi ha svelato che ora ho un nome per il paese, che la gente di qui mi chiama la Donna degli alberi. E quando hai un nome, hai un luogo al quale tornare.»


[libro omaggio della casa editrice e dell'autore]

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