Recensione: Saponi di Elena Ghiretti



«Di colpo il mondo fu popolato da trentenni. Erano dappertutto. Appollaiati torvi lungo i tavoloni di legno grezzo adibiti a desco comune nei bar a est del Centro, intenti a intingere brioche vegane dentro cappuccini al latte di soia.»

Ogni generazione ha i suoi pro e contro, ma forse non è nemmeno del tutto vero. Secondo me, tutto dipende da ciò che si decide di fare con quello che gli anni ci mettono a disposizione.
Lucia, la protagonista di "Saponi" di Elena Ghiretti [Fandango], ha quarant'anni e sa di aver fatto qualcosa nella sua vita fino a quel momento: è senior strategic account manager presso un'agenzia pubblicitaria e, sebbene il titolo altisonante, è abbastanza onesta con se stessa da sapere che più parole straniere aggiungi a un ruolo, più rotture di scatole avrai e, nel suo caso - bella fregatura! - avendo la stessa retribuzione di quando ha iniziato.

Quando le viene chiesto di sviluppare una campagna su una nuova linea di cosmesi maschile, lei sfronda tutto il superfluo e propone "Saponi", la semplicità e la sicurezza della pulizia linguistica unita al concetto antico di un detergente che punta alla purezza. È un concetto talmente diretto e ovvio da dover essere vincente, eppure un trentenne dal genere indefinito rilancia una proposta provocatoria - e piuttosto astratta - che viene inspiegabilmente preferita alla sua.
Una débâcle che è l'inizio di tutta una serie funesta di eventi che per Lucia hanno un solo e unico comune denominatore: i trentenni.

«Lucia aveva bisogno delle cose, di una specie di casa, di lavoro, di mamma, di uomo. I trentenni passavano da una casa all'altra, da un sesso all'altro, crogiolandosi nell'incertezza. Lucia amava l'immateriale, il digitale, l'effimero. I trentenni avevano riscoperto il legno e la fatica. Lucia si accorse di non essere più una trentenne quando ormai era troppo tardi. Nessun segnale premonitore.»

Lucia arriva a Milano dalla provincia e sente di portarsi addosso lo stigma di chi non è cresciuto dando valore a cose che lei non riesce nemmeno a immaginare: una strada ingombra di traffico, un viale alberato, la meditazione tantrica o il cibo molecolare sono concetti da cui viene investita ma che non sente propri. Ha quarant'anni e cerca cose diverse: compra casa con l'orso buono, il suo fidanzato barbuto e tranquillo, progetta di vivere una vita ordinata e mediamente felice. Un giorno, poi, torna a casa e si rende conto che alcune scatole del trasloco sono sparite, tutto le sembra uguale eppure diverso, anche il tavolo della cucina, su cui c'è un biglietto con poche righe in cui l'orso buono si rivela essere un orso vigliacco, che scappa senza dirle una sola parola.

«È difficile separarsi dagli oggetti, le teorie sul semplificare la vita consumistica si frantumano contro la realtà. Lucia sogna di possedere tre camicie, tre pantaloni, due scarpe, due creme, uno shampoo. Il pensiero la rilassa. Poi continua a comprare e a non gettare nulla.»

Sono una lettrice che si lascia incantare dalle belle copertine, lo confesso, e questa di "Saponi" è una ventata di spumeggiante freschezza. Suggestionata dalla tonalità pastello e dalle bollicine, mi aspettavo una maggiore leggerezza anche nel racconto: l'ironia e il cinismo, che pure fanno parte della narrazione soprattutto nei primi capitoli, non mi sono sembrati talmente pungenti da realizzare qualche affondo deciso che ispirasse una risata amara.

Prima che tutto vada a rotoli nella vita di Lucia, la trama sembra piene di possibilità da realizzare, poi diventa confusa come in effetti è confusa la vita della protagonista: l'errare senza meta, con approdi discutibili, diventa il ritmo dell'esistenza di Lucia e della scrittura.

«Nello sballo Instagram notturno Lucia prova tutte le emozioni che di giorno non sente più. Struggimento, invidia, felicità, sono così aumenti he, le ricordano una se stessa che non è mai stata. Ride e piange da sola stesa sul pavimento aggrappata a una bottiglia di Porto, manda grugniti nel buio, cosparsa di pop-corn.»

"Saponi" di Elena Ghiretti è un libro perfetto per chi sente di inciampare nel divario tra i trenta e i quarant'anni, identificando i primi come una sequenza di momenti a tinte forti e i secondi più sbiadite copie di ripiego: in questo romanzo c'è il chiaro esempio che la vita ha i colori con cui noi la guardiamo, senza dare alcuna importanza alla data di nascita.

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