Recensione: Le balene mangiano da sole di Rosario Pellecchia


«È una specie di dipendenza, quella che lo spinge a continuare: c'è chi beve, chi si droga, chi gioca d'azzardo... Lui non riesce a smettere di consegnare cibo.»

Se nella nostra vita abbiamo mai ordinato del cibo da farci consegnare a casa, sappiamo che a consegnarcelo mentre siamo in pigiama o in accappatoio, comodamente sul divano, è un fattorino, un rider. 
Per la fretta o per non intralciare il lavoro altrui, molto spesso prendiamo la busta col nostro ordine e tanti saluti. Eppure, quella persona che è lì davanti a noi ha una storia, una vita, ha sogni e desideri, e magari il nostro ordine è il decimo della serata e vorrebbe anche dire una parola con un altro essere umano.

Se vi state chiedendo quale delivery mi abbia scatenato queste riflessioni, vi devo deludere: non ho ordinato niente, mi sono semplicemente ingozzata di un libro che lascia un buon sapore in bocca.

Il protagonista di "Le balene mangiano da sole" di Rosario Pellecchia [Feltrinelli] è Gennaro Di Nola, per tutti Genny, ventitré anni, una laurea triennale in Design del prodotto industriale, emigrato da Napoli a Milano per studiare e ora fa il rider.

«Quando monta sulla bici e comincia a pedalare, pensa a tutte le piccole cose, ai gesti minimi, ai pensieri delicati che tengono insieme il mondo, che gli permettono di non collassare, di non accartocciarsi su se stesso.»

Tuttavia, Genny è un rider atipico: non lo fa per i soldi, ma per guardare le vite delle persone che, a decine, ogni sera gli aprono la porta per reclamare il loro ordine. Dai gusti alimentari, ne indovina le inclinazioni, lo status, la professione, a volte persino l'umore e molto spesso ha ragione.
Genny ha lasciato a Napoli una famiglia che lo ama e una storia dolorosa che gli preme come un macigno sul petto, nonostante abbia messo dei chilometri tra lui e quello che è successo alla sua ragazza Claudia.
Adesso Genny non vuole pensare, inforca la sua bici, mette a palla la musica nelle cuffiette e parte, via verso il prossimo ordine.

«Quello che proprio non capisce è perché alla maggior parte della gente non importa della gente.»

Ma sbirciare nelle vite altrui è un facile palliativo e lui lo sa: quando una sera, invece di prendere il sacchetto e chiudere la porta, una voce lo invita a entrare, Genny non immagina di trovarsi di fronte un dodicenne, solo in casa, che non chiede altro di commentare con lui la partita del Napoli in Champions League. Luca lo trattiene, condivide con lui le crocchette e le patatine e alla fine gli infonde addosso il desiderio di rivederlo, perché intravede una vita con un dolore simile al suo.

«È fatto così: non smette mai di chiedersi come vivono le persone - cosa sentono, cosa pensano.»

"Le balene mangiano da sole" racconta una storia dolcissima, dove il dolore è una crepa nell'immensa luce che sprigiona dai protagonisti.
Le storie di Genny e di Luca si intrecciano indissolubilmente e non sono riuscita a staccarmi dal succedersi dei capitoli, brevi, con il titolo dei cibi consegnati da Genny e, come una consegna a casa, dal ritmo veloce e frizzante.
Ho apprezzato la scrittura di Pellecchia - è il suo primo libro che leggo, ha pubblicato anche "Solo per vederti felice" [Mondadori, 2019] - perché è controllata nella scelta degli aggettivi e anche nella descrizione delle emozioni, non strafa mai.
Un libro bello per la sua semplicità, così profonda da commuovere.

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