Recensione: Ferragosto di Enrico Franceschini


«La boa di Ferragosto.»
Andrea Muratori lo ripete fra sé come il ritornello di una canzonetta, spaparanzato sulla sdraio, occhi socchiusi, mani incrociate dietro la nuca, piedi appoggiati a uno sgabello, sulla terrazza dell'ultimo capanno in fondo al molo, nel porto canale di Borgomarina.
La boa di Ferragosto.
La boa di Ferragosto.
La boa di Ferragosto.

L'estate può avere tanti colori e profumi, ma per me sarà sempre la sabbia sulle gambe mentre si sale da mare, col costume bagnato per l'ultimo tuffo irrinunciabile, l'odore della protezione solare e dell'erba secca sul vialetto che dalla spiaggia porta alla strada.
Per Andrea Muratori, il protagonista di "Ferragosto" di Enrico Franceschini [Rizzoli], l'estate è la Riviera Romagnola, il porto canale di Borgomarina, la piadina col prosciutto cotto presa al baracchino lungo la strada, le corse di mattina presto e i tuffi in spiaggia coi suoi amici moschettieri.
Fino a Ferragosto. Ferragosto è una boa girata la quale l'estate è finita, per questo, da quando riesca a ricordare, bisogna festeggiare con una grande grigliata con gli amici di sempre.

Manca poco a Ferragosto e il Mura sta chiedendo in giro per affittare un posto dove riunirsi in santa pace, bere, mangiare e rimembrare i vecchi tempi. Da quando è andato in pensione come giornalista - pensione forzata, in realtà, perché se fosse stato per lui avrebbe continuato a viaggiare in giro per il mondo -, si dedica a piccole indagini e anche stavolta si trova a inseguire un marito fedifrago.
Osvaldo Montanari è un fotografo piuttosto conosciuto a Borgomarina, adesso è in declino e si dedica a foto spinte e ad altri affari poco leciti che prevedono un via vai di belle donne nel suo studio. Viene trovato morto, nudo e in una strana posizione, e nonostante il maresciallo Giancarlo Amadori avverta il Mura di tenersi lontano dalle indagini, suo malgrado vi si trova immischiato.

In realtà, Muratori cerca davvero di non farsi immischiare, ma quando l'ultima moglie di Montanari gli chiede aiuto per avere giustizia - e scagionarsi dall'accusa di averlo ucciso -, entra in gioco il suo punto debole: le donne. Andrea Muratori può resistere a tutto ma non a un bel paio d'occhi che lo implorano per avere aiuto. Non ci vuole molto prima che il nostro si trovi a scavare in una melma molto più profonda e viscida di quello che si sarebbe immaginato all'inizio e poco ci manca che ci lasci la pelle.
Se è vero che la fortuna aiuta gli audaci - e l'audacia non gli fa certo difetto -, è anche vero che avere degli amici pronti a tutto, non solo alla battuta di spirito, aiuta ancora di più, e la situazione al limite del comico è assicurata.

Dopo "Bassa marea" dove abbiamo fatto conoscenza per la prima volta di questo detective dilettante e a caccia di guai, "Ferragosto" si annovera tra quei gialli brillanti e ben costruiti a cui difficilmente si nega una risata. Enrico Franceschini ha il pregio di scattare delle istantanee perfettamente rappresentative di un luogo, la Riviera Romagnola, e di un periodo dell'anno che, per quanto luminoso e pieno di svago, porta con sé l'inevitabile mestizia per qualcosa che finisce.

Ogni personaggio è scrupolosamente tratteggiato e il lettore si affeziona con facilità all'uno o all'altro. A me, per esempio, sono piaciuti tantissimo i tre moschettieri, al secolo il Barone, l'Ingegnere e il Professore, amici per la pelle di Muratori e simpatici guasconi pronti a lanciarsi in qualsiasi impresa lancia in resta per aiutare il loro amico.
Ho apprezzato tanto anche le atmosfere romagnole, quel sentore di festa eterna e scanzonata che nasconde anche la tristezza dietro un motto o un sorriso.
Ho trovato molto riuscito l'inserimento della Storia, quella con la S maiuscola, che ad un certo punto rivela la sua vitalità anche in un presente che sembra lontanissimo dai libri di scuola: nelle sue indagini, infatti, Muratori si trova sulle tracce del fantomatico tesoro di Benito Mussolini, il cosiddetto tesoro di Dongo, sparito dopo la sua cattura ed esecuzione. Franceschini non risulta mai didascalico, pur donandoci informazioni storiche e ipotesi, né troppo fantasioso quando, alla fine, affida al suo personaggio una eventuale risoluzione del mistero.

Sarei colta da una malinconica nostalgia del Mura e dei suoi moschettieri, nonché della Riviera, se non fossi quasi sicura che li rivedrò ancora. O almeno, è quella speranza che mi fa girare la boa dell'ultima pagina del libro con maggiore leggerezza.



[libro omaggio della casa editrice]




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