Recensione: Freddo a luglio di Joe R. Lansdale


- Vorrei tanto non averti coinvolto in questo casino.
- Non saresti riuscito a impedirmelo.

Ci sono cose che non possono essere violate e, quando succede, viene fuori l'istinto primordiale.
Quando un uomo entra in casa sua in piena notte, Richard Dane non ci pensa due volte, l'istinto lo porta a proteggere la moglie e il figlio che dorme nella stanza accanto: spara e uccide l'uomo colpevole di impersonare le paure risvegliate nel cuore del buio.
Ma Dane è un corniciaio che non ha mai fatto male nemmeno a una mosca - subisce regolarmente angherie dal suo postino, per dirne una - e questo episodio spalanca una voragine al centro della concezione che aveva di sé, nonostante la polizia e tutta LaBorde, Texas, la cittadina in cui vive, siano dalla sua parte.
È stata legittima difesa, no? Andava fatto e lui non si è tirato indietro. Perché pensarci ancora?
Quando in città arriva Ben Russel, ex galeotto e padre del ladruncolo che ha ucciso, la situazione diventa incandescente, anche perché è luglio e non passa un filo d'aria nell'afa immobile e incandescente che non fa pensare lucidamente.

In sintesi, è questa la trama di "Freddo a luglio" di Joe R. Lansdale [Einaudi], un thriller crudo e spietato, che mostra la misura dell'autore anche nell'umorismo nero più feroce, oltre che in innumerevoli dettagli che lo hanno reso un classico della sua produzione.

«La morte vista dal vero non somigliava affatto a come ci appare in televisione. Era sporca, puzzava e ti si appiccicava addosso come una brutta malattia.»

Lansdale ci porta nella provincia americana apparentemente sonnacchiosa, noiosa perfino, con piccole esistenze che non chiedono altro che passare un giorno uguale all'altro. All'apparenza.
Dopo aver letto qualche libro di questo autore, credo che il thriller, il brivido risieda proprio in quello, nell'apparenza tranquilla, prevedibile, che nasconde ombre e abissi di orrore.

"Freddo a luglio" non fa eccezione: la tranquilla esistenza di provincia nasconde corruzione e brutture difficilmente classificabili e quando il vaso di Pandora è rotto, è impossibile rimetterne insieme i pezzi. L'unica cosa è cercare di uscire quanto più indenni possibili dall'ondata di brutalità e violenza.

Tuttavia, anche quando le acque si sono calmate, lasciando tutto apparentemente uguale a prima, resta il sospetto che niente sia più lo stesso: il dubbio velato, l'ombra del male, il fatto di non sentirsi mai più al sicuro nemmeno con sé stessi è una delle caratteristiche di Lansdale che ogni volta mi fa borbottare: "Lo sapevo, me l'ha fatta un'altra volta!", così volto l'ultima pagina con la sicurezza di avere tra le mani il libro di un maestro del genere.

«Rimasi lì per qualche minuto, fin quando la finzione della felicità assoluta e della vita perpetua tornò di nuovo abbastanza reale, e il mio occhio interno divenne sufficientemente cieco da non vederla scivolare dalle dita come sabbia.»



[libro omaggio della casa editrice]

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