Recensione: Delitto in Cornovaglia di John Bude


«Mai, nemmeno nei suoi pensieri più ottimistici, aveva mai immaginato uno scenario del genere: lui in una poltrona, un ufficiale di polizia nell'altra e tra di loro... un mistero.»

Un giallo, spesso, offre un'atmosfera che va al di là della storia.
Da Auguste Dupin a Sherlock Holmes, passando per Maigret e Miss Marple, ogni storia ha certamente per protagonista un delitto avvolto dal mistero, ma a farla da padrone sono le abilità deduttive di chi, più o meno professionalmente, è chiamato a indagare.

"Delitto in Cornovaglia" di John Bude [Vallardi] non fa eccezione: l'atmosfera di un villaggio sulla costa, un delitto, un vicario e un commissario che, in misura diversa, vengono coinvolti nell'indagine.
Tutto accade durante una notte di tempesta. Il vicario Dodd ha invitato a cena il dottor Pendrill, come tutti i lunedì sera da quindici anni a questa parte. Dopo cena, mentre fuori imperversano lampi e tuoni, i due uomini indugiano nel loro piccolo rituale di scambiarsi libri gialli presi in biblioteca.
Nel mentre, arriva una telefonata che fa irrompere il mistero nel loro pacifico rendez-vous: Ruth Tregarthan ha trovato suo zio Julius morto in salotto.

Dodd e Pendrill si sentono immediatamente coinvolti e quando arriva l'ispettore Bigswell mettono a sua disposizione le intuizione che sono loro saltate agli occhi.
L'indagine tocca pian piano diversi abitanti del villaggio di Boscawen e la conoscenza del vicario delle anime del suo gregge offre all'ispettore una visione interna ai meccanismi di un piccolo abitato come quello.
Il vicario, inoltre, è un appassionato lettore di gialli e non esita a illustrare le deduzioni a cui giunge dall'osservazione delle circostante e dei dettagli

«L'ispettore poi si fermò a fare due chiacchiere con il reverendo Dodd, di cui cominciava ad apprezzare l'intelletto e le capacità deduttive. Si era reso conto che il vicario aveva immaginazione, unita a un raffinato senso pratico.»

"The Cornish Coast Murder" - titolo originale - è il primo romanzo poliziesco firmato da John Bude, pseudonimo di Ernest Elmore, prima produttore e regista teatrale e poi scrittore di crime fiction.
Come John Bude firma una trentina di romanzi e i primi tre - The Cornish Coast Murder, The Lake District Murder, The Sussex Downs Murder - sono stati ripubblicati dalla British Library, la cui collana è stata ora tradotta da Vallardi, con un'operazione di recupero che coinvolge anche le copertine, che riprendono i manifesti originali delle ferrovie britanniche degli anni '30.

Da appassionata del genere, ho provato a trovare il colpevole dai primi capitoli ma non ci sono riuscita: anche quando mancava ormai poco e avevo tutti gli elementi delle indagini, la sorpresa era dietro l'angolo e la soluzione mi è sfuggita dalle mani.
Non so dirvi quanto abbia amato l'atmosfera da salotto inglese che pervade tutto il romanzo: anche quando le indagini si spostano all'aria aperta, il paesaggio è descritto talmente bene da essere inconfondibile anche per chi non è mai stato da quelle parti.

Il metodo deduttivo del vicario è brillante e frizzante, dimostrazione di un'attività intellettiva ben più movimentata di quella fisica, di cui si dichiara un fermo oppositore a favore del buon cibo e della pigrizia.
Non c'è stato un solo dettaglio fuori posto, nessun indizio è andato sprecato né pensiero buttato al vento: le intuizione dell'ispettore e del vicario, insieme, portano alla soluzione che, vi avverto, vi colpirà.

In fondo, però, se anche non dovesse sorprendervi come è successo a me, quello che conta è tutta l'indagine, il ragionamento, la logica che sottende ogni sottile dettaglio, l'ambientazione.
La lettura di "Delitto in Cornovaglia" mi ha cullata dolcemente infondendomi un senso di benessere che mi auguro ogni volta che apro un libro ma che non è così scontato trovare.
Se è vero che il delitto perfetto non esiste, è pur vero che con certe storie conta più l'indagine che il colpevole.

Che giallo sia, per fortuna!

«Sono un lettore piuttosto vorace di storie del mistero, e mi ha sempre colpito il fatto che nei romanzi l'investigatore tende a sottovalutare il valore dell'intuito.»


[libro omaggio della casa editrice]

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