Recensione: Resto qui di Marco Balzano


«Io prima o poi me ne andrò perché non ho radici da nessuna parte. Ma se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare.»

In un libro può entrare un mondo intero.

Se, poi quel mondo è scomparso, e lo scrittore che lo racconta ha uno stile evocativo ed emozionante, va a finire che in quel mondo ci si va a vivere, per lo spazio della lettura.
Non saprei come altro descrivere quello che mi è successo leggendo "Resto qui" di Marco Balzano [Einaudi].

Pubblicato nel 2018, "Resto qui" ha da subito mostrato il suo immenso valore letterario, conquistando lettori e premi prestigiosi.
Eppure, la grandezza di questo libro non risiede nei riconoscimenti materiali, ma nel recupero di un bene più prezioso, la memoria, mai troppo recuperata di eventi che, potranno non essere ricordati nei libri di Storia ma che hanno modificato la storia personale di tantissime persone.

«Ci avessero domandato quel giorno qual era il nostro desiderio più grande, avremmo risposto che era continuare a vivere a Curon, in quel paese senza possibilità da dove i giovani erano scappati e tanti soldati non erano più tornati. Senza volere sapere niente del futuro e senza nessun'altra certezza. Solo restare.»

Attraverso il racconto della vita di Trina, Erich e della loro famiglia, Marco Balzano traccia le linee delle vicende che hanno portato alla sommersione del villaggio di Curon per la creazione della diga per la produzione di energia idroelettrica. Al di là della vicenda storica, la lettura crea una vicinanza emotiva con le vicende degli abitanti, con la lotta che intrapresero contro le autorità italiane - considerate "altro" rispetto all'assetto sociale e politico altoatesino - e con la sconfitta.

Il racconto della memoria di Curon si intreccia alla vita di Trina, donna nata e vissuta in quella valle, della sua passione per lo studio e dell'amore per Erich e per la sua famiglia. È in questa tranquilla routine che si innesta la perdita dell'amata figlia, sparita e mai più ritrovata, che scava un buco nell'animo della donna e di quelli che la amano.

«Le parole non potevano niente contro i muri che aveva alzato il silenzio. Palavano solo di quello che non c'era più. Tanto valeva che non ne rimanesse traccia.»

La perdita delle radici diventa una sconfitta nella sconfitta, una mancanza che taglia più in profondità la ferita lasciata dalla perdita di un pezzo di sé, la propria carne che se ne va in giro per il mondo lontano da noi, senza sentire mai il bisogno di ricongiungersi al proprio sangue.
Trina sentirà sempre la mancanza di Marica, anche quando smetterà di scriverle per raccontarle le sue giornate, continuerà a rivolgere al vuoto un pensiero che è slegato dal figlio Michael e dal marito Erich, dalla loro lotta per la sopravvivenza durante la guerra e anche dopo, quando Curon affonda, e anche loro non riescono più a stare a galla.

Ho aspettato tanto prima di leggere "Resto qui", ma una volta iniziato, non sono riuscita a staccarmene fino alla fine, in un turbine di dolore, rabbia, commozione.
Perché non esistono vite piccole, quando la memoria suscita emozioni così immense.

«Non c'è tempo per fermarsi  a dolersi di quello che è stato quando non c'eravamo.»


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