Recensione: Feel Good di Thomas Gunzig


«Feel good! E se lo chiamassimo Feel good
«Forse manca un po' di finezza, no?»
«Forse... Ma é proprio questo che lo fa bello, no?»

Chi ama leggere, spesso sceglie i libri in base all'umore del momento, sia per assecondarlo che per migliorarlo.
A me capita di aver voglia di libri che mi facciano staccare la testa, che mi infondano una sensazione di benessere e fiducia nel genere umano, anche - o forse proprio per questo - se veicolano sentimenti semplici e offrono soluzioni facili. Non si tratta di altro che di Feel good book [date un'occhiata qui], libri che fanno stare bene.

Quando Marcos y Marcos ha pubblicato un libro dal titolo "Feel good" di Thomas Gunzig, mi è parso chiaro che, per me, fosse una lettura da affrontare quando presa da un momento di stanchezza. E ho fatto bene.

"Feel good" è il titolo del libro che ci troviamo a leggere ma è anche il titolo del libro che Alice, una quarantacinquenne da sempre in affanno con la vita, si trova a scrivere per fare una "rapina culturale".
Ma facciamo un passo indietro, se no, detta così, sembra una follia.

Alice ha quarantacinque anni, vive a Parigi col figlio Achille e da gran parte della sua vita si occupa di vendita di scarpe. Fin quando il negozio chiude e lei inizia a barcamenarsi tra una serie di lavori mal pagati che non le permettono di sopravvivere, figuriamoci di dare un futuro al figlio.
È in preda alla disperazione quando concepisce un piano per rapire un neonato e in seguito chiedere un riscatto che possa sistemare la sua situazione: nemmeno la prospettiva della galera le sembra peggio che mettere in tavola, per l'ennesima volta, della pasta in bianco. Ma le cose non vanno come sperato, eppure da quella situazione deriva la conoscenza di Tom.
Al secolo Tom Peterman, scrittore che non ha mai raggiunto l'Olimpo delle grandi firme e che continua a partecipare a piccoli premi letterari, senza avere mai una menzione importante per le sue bislacche opere.
È grazie a Tom che ad Alice viene l'ideatrice dai scrivere un libro progettato a tavolino per diventare un bestseller e permettere a tutti e due di uscire da una vita di indigenza. Ecco il progetto di rapina culturale: quelli da rapinare sono i lettori, dei loro soldi e del loro tempo, offrendo loro qualcosa che desiderano leggere e che trasmetta buoni sentimenti. Un feel good book, insomma.

«Cos'è il feel good book?»
«È un 'libro che fa star bene'. Grosso modo, bisogna presentare la vita da un'angolazione positiva, fare ritratti di personaggi che affrontano prove difficili ma ne escono fortificati. Si tratta di storie in cui l'amicizia trionfa sull'avversità, in cui l'amore permette di superare tutti gli ostacoli, in cui le persone cambiano ma per diventare migliori di com'erano all'inizio...»
«Aaaaah, bisogna parlare di resilienza e cazzate simili?»

Non sapevo esattamente cosa aspettarmi, ma dai primi capitoli mi sono lasciata prendere per mano da una storia che, a una prima occhiata, di buoni sentimenti e situazioni positive, ne aveva ben poche.
Tuttavia, il modo lieve, ironico ma nel senso migliore, che ha Gunzig di raccontare i mille e uno accidenti che capitano ad Alice mi ha avvolto nella sensazione che la nuvoletta profumata accompagnata da musica celestiale fosse dietro l'angolo. E, in parte, avevo ragione.

Come a un certo punto dice l'editor del libro di Alice, questa storia mi è piaciuta "così com'è... Con i suoi difetti, la sua luce che vacilla, la sua musica stridula che però è perfetta!".
Il continuo entrare e uscire dai punti di vista dei personaggi, quel guardare da dentro e da fuori, come lettori e come personaggi e, alla fine, sentirsi un po' presi in giro. Perché, in effetti, quei poveri allocchi che Alice vuole rapinare siamo noi e ci sentiamo parte di quelle classifiche che il suo "Feel good" scala vertiginosamente.

Eppure questo libro fa stare bene, lascia in bocca il buon sapore dei casi belli della vita, che possono sembrare un po' una favola ma, perché no? possono capitare a chiunque e se Thomas Gunzig, per un motivo o per un altro, mentre scriveva un meta romanzo, ha pensato di rapinarci con la sua storia, ebbene, la rapina gli è riuscita perfettamente perché, all'ultima pagina, avevo ancora il sorriso sulle labbra.

«Attorno a loro il mondo continuava a essere terribile. Spietato. Intento a ordire mille tiri mancini. Pronto a rompere il filo di tutte le storie.
Lo sapevano.
Lo tenevano a mente.
Per il momento, però, si sentivano bene.»


Commenti