Recensione: Gli invernali di Luca Ricci


«L'inverno è la storia delle cose che abbiamo sepolto.»

Aspettavo "Gli invernali" di Luca Ricci [La nave di Teseo] come ho imparato ad aspettare la prima neve: l'aria è carica di energia, un'elettricità gelida che mette addosso il fremito dell'attesa.
Come arrivano puntuali le stagioni, dopo i suoi "Gli autunnali" e "Gli estivi", Ricci ci regala il terzo capitolo della tetralogia che, però, ci avvicina al finale.

L'inverno è arrivato anche a Roma dove sembra aver perso le coordinate classiche della stagione, le previsioni, per mantenersi in linea col periodo, promettono neve ma chi ci crede?
Nell'arco di appena ventiquattrore, tre coppie si esibiscono in una frenetica sciarada fatta di dialoghi serratissimi sul palcoscenico di quel tradimento convenzionale che Ricci ci racconta essere il matrimonio.

«L'inverno a Roma non ce la fa a costituirsi come una stagione autonoma, è solo il funerale dell'autunno, le foglie rimaste sui rami sono incartapecorite, quelle a terra imputridiscono.»

C'è Antonio, che fa l'editore ma le vendite non gli danno ragione, è sposato con Glenda, ufficio stampa schiavizzato e insoddisfatto; si incontrano con Tommaso e Veronica, scrittore in crisi lui e figlia di papà con tanto di cattedra all'università lei. Antonio ha rifiutato l'ultimo libro di Tommaso e questo ha scatenato dell'astio nella loro amicizia, ma c'è dell'altro sotto.
C'è Camilla Lellis, scrittrice rosa da bestseller ma poco considerata dalla critica, che si incontra in albergo con il suo agente, in arte il Cobra, per far parlare le lenzuola, più che il suo nuovo manoscritto.
C'è Nora, ex stella del firmamento letterario sul viale del tramonto, che va a trovare l'ex marito e temutissimo critico sempre sulla cresta dell'onda, Carlo Offenbach, per perorare la causa del suo giovane amante a suon di recensioni, suggestioni e provocazioni.

«Avere a che fare con gli editori nostrani è demoralizzante. Se un romanzo è troppo bello non lo pubblicizzano perché sanno che tanto non venderà.»
«Non è un motivo di vanto per un editore pubblicare bei libri?»
«Dovrebbe, ma invece è di vergogna. I bei libri escono alla chetichella, nessuno deve accorgersene.»

Il palcoscenico di quest'ironico dramma sono le terrazze romane dove, notoriamente a sentire i personaggi, si consuma l'acume della solita intellighenzia e dove si decidono i libri che arriveranno in classifica.
La critica di Ricci a una certa editoria è caustica e, sebbene il suo modo di presentare le situazioni abbia del comico, a ben guardare c'è poco da stare allegri, ma come si fa a volergliene?
Del resto, ci aveva già avvertiti con Lello Annibali de "Gli estivi" e Alberto Gittani de "Gli autunnali" - che qui compare in un cammeo -, sussurrandoci, con un sorriso a mezza bocca, che i libri sono un gioco al massacro dove non manca di farsi anche qualche bella risata.
 
Nel gioco della verità - a cui prendono parte anche i personaggi di questo tragicomico romanzo -, ognuno sembra volersi graffiare fino alla carne viva e poi ritrattare tutto dicendo che è stato solo uno scherzo. Uno scherzo di quelli che, poi, tanto ridere non fanno.
Ogni volta l'ironia tagliente di Luca Ricci mi racconta una storia indipendente - i libri sono autoconclusivi e possono leggersi in qualsiasi ordine - ma l'atmosfera è la stessa: i tradimenti sono i passi di una danza che ha come colonna sonora il matrimonio, l'amicizia è interessata e i libri mettono in crisi chi li scrive,  chi li pubblica, chi li vende, tutti e sempre.

"Gli invernali", però, è uno di quei libri che vi rappacificherà, almeno apparentemente, perché poi, se ci ripensate bene - soprattutto ad alcuni dialoghi - vi verrà un sorrisetto amaro e la verità sta tutta lì.

«La neve a Roma? Meglio un meteorite.»



[libro omaggio della casa editrice]

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