Recensione: Come delfini tra pescecani di François Morlupi


«In questo mondo di pescecani, temo che io e lei siamo due delfini».
«Segnati da morte certa, giusto? Be', a ogni modo, grazie per non avermi definito un pesce palla. Avrei preferito la dipartita a un simile paragone».

Biagio Maria Ansaldi meriterebbe una vita tranquilla, senza scossoni né patemi, con una moglie ad attenderlo a casa, dei figli da amare e dei nipotini da coccolare e portare in giro, insieme al cane, per le strade di un quartiere residenziale, a basso impatto acustico, con ampi spazi verdi.
Invece, Biagio Maria Ansaldi è il primo dirigente del Commissariato di polizia di Monteverde, a Roma, ed è il protagonista, insieme alla sua squadra, di "Come delfini tra pescecani", giallo d'esordio di François Morlupi [Salani].

Ansaldi non è sposato e, ad attenderlo a casa, la sera, c'è solo Chagall, il bastardino che ha salvato dalla strada. Fondamentalmente soffre di ansia, la quale lo convince di soffrire di mille e più malanni che, alla resa dei fatti, si traducono in paturnie e rituali (più o meno scaramantici) che lo tengono in piedi. Un rifugio, per lui, sono l'arte e i libri, ama Hopper (in questo primo romanzo domina il dipinto Nighthawks).
Nonostante sia un professionista ben considerato nelle alte sfere, ha sempre il dubbio di non aver chiuso la porta o di non aver spento le luci o di aver lasciato il gas aperto, e questo lo porta ad avere sempre la testa che pensa a mille cose nello stesso momento.
Ha un rifiuto quasi terrorizzato per tutta la tecnologia, usa ancora un Nokia 3310, resistente, indistruttibile, e rigorosamente senza collegamento a Internet. 

«Nella maggior parte dei gialli letti, di cui il commissario andava ghiotto, erano messi in risalto i pessimi rapporti tra gli ispettori e i loro superiori. Forse lui era un'eccezione?»

Attorno a lui, nel commissariato, la sua squadra composta da poliziotti con caratteri diversissimi tra loro ma che, coordinando anche le loro diversità, riescono a essere una vera e propria forza della natura, nonché l'orgoglio di Ansaldi: c'è Eugénie Loy, vice ispettore con evidenti disturbi di socialità; William Leoncini, bello, statuario e sicuro di sé, porta in giro un colore di pelle diverso e una passione per la storia del nazismo; Roberto Di Chiara, apparentemente il classico bonaccione dal cuore tenero, molto basico, ma con una passione per il cinema coreano e la cultura anti hollywoodiana; e poi c'è l'ultima arrivata in commissariato, Eliana Alerami, tanto bella quanto ambiziosa, inesperta e con un segreto da nascondere.
Gli elementi ci sono tutti per poter affrontare i crimini che colpiscono anche un quartiere perbene come Monteverde.
Come la morte di un ottantenne, a prima vista il suicidio di un anziano scorbutico e malvisto da tutti, ma che poi rivela molte più incongruenze di quante ci si potrebbe aspettare e Ansaldi sguinzaglia i suoi.

«La vita aveva insegnato al povero commissario che tutti gli esseri umani soffrono, chi più chi meno, di stati ansiosi. L'unica differenza, sottile ma dalle conseguenze devastanti, è tra chi riesce a conviverci e a volte dominarla, e a chi invece vi soccombe inevitabilmente.»

François Morlupi esordisce con Salani dopo aver dominato per mesi le classifiche del self publishing, passaggio più che meritato visto il valore di questo romanzo che ha vinto il Premio Scerbanenco come miglior noir.
Nel corso dell'indagine, oltre a scoprire il criminale, ci vengono svelati sempre più particolari della vita del commissario e dei suoi agenti e, inutile sottolineare, mette addosso la voglia di saperne di più.
Ho apprezzato i molti riferimenti letterari francesi, mai scontati e sempre molto accurati, si sente che fanno parte dell'autore, della sua cultura.
Inoltre, a me Biagio Maria Ansaldi piace, mi piace la sua capacità critica e anche la sua ansia, il suo amore per l'arte, il desiderio di uscire da sé stesso e conquistare un po' di felicità.

Fortunatamente ho letto "Come delfini tra pescecani" quando in libreria c'è già il secondo capitolo della serie, "Nel nero degli abissi", così non mi staccherò per lungo tempo dai cinque di Monteverde.

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