Recensione: Tutte le volte che mi sono innamorato di Marco Marsullo


«Due persone che ancora devono innamorarsi sono soltanto due sconosciuti, e lo restano anche per tutto il tempo che viene dopo, anche quando, poi, si innamorano. L'amore non guarisce dalla solitudine.»

Che meraviglia l'amore dei film. Un incrocio di sguardi, due cuori che battono all'unisono, il lieto fine coi fuochi d'artificio. Bello, eh?
Peccato che la realtà sia ben diversa e chissà quanti occhi si devono incrociare prima di non ruotarli verso l'alto per l'esasperazione. La disperazione sarebbe la soluzione più facile, ma c'è qualcosa che ci spinge verso l'altro, ogni volta con rinnovata energia (diversamente, non ne varrebbe proprio la pena).

"Tutte le volte che mi sono innamorato" è il nuovo romanzo di Marco Marsullo, in libreria da oggi per Feltrinelli, in cui, per una volta, è il punto di vista maschile il protagonista della ricerca dell'anima gemella, con i riflettori puntati sulla sfrenata gimcana nella giungla dei rapporti di coppia.

«Quando si è amici da tanti anni, sono successe centinaia di cose che ti hanno unito; pure cose che ti hanno diviso, e alla fine non c'è molta differenza. Nulla può spezzare l'amicizia, se non l'amicizia stessa, che poi però si rigenera come la coda di una lucertola.»

Cesare ha trentacinque anni ed è l'ultimo single del suo gruppo di amici, tutti più o meno felicemente sposati e allegramente riprodotti, fa l'insegnante e a volte gli sembra che i suoi alunni ne sappiano più di lui sull'amore. Quando proprio di sente in un vicolo cieco, poi, chiede consiglio a Silvia, la sua collega prossima alla pensione, la sola persona in grado di districargli i pensieri con le sue riflessioni, figlie di un'epoca in cui l'amore non passava attraverso i social.

Cesare fa parte di un gruppo di amici che si conoscono da quando ancora festeggiavano i primi peli della barba e, spesso, si definisce in base ai rapporti e ai risultati di Lucio, Gabriele, Sandro e Mariano: è sinceramente contento di tutte le loro vittorie e ama i loro bambini, nonostante li abbiano allontanati con i loro ritmi diversi. Eppure, a volte, gli sembra che ogni luce che accendono loro, lui vede il suo buio ancora più nero. Cosa manca a Cesare per avere una relazione seria come quelle dei suoi amici?

«Mentre tutti attorno a te ti dicono "gira a destra, gira a sinistra, quello sì, quello no", navigatori satellitari dalle voci pimpanti, tu vai avanti a tentoni, toccando i cuori che ti capitano a tiro, che certe volte sembrano quelli più adatti e che poi, alla fine, si rivelano una truffa.»

Forse a Cesare non manca proprio niente, o meglio, il suo punto di vista non fa una piega, anche quando si trova a perdere le staffe (sempre con una deliziosa ironia) di fronte alle stranezze delle donne con cui esce: del resto, provateci voi a instaurare un dialogo con una donna che è così compresa nel suo ruolo di femminista e valorizzatrice di sé stessa da riuscire a dedicarsi a una normale conversazione, perché no anche un po' flirtereccia, con un uomo che, offrendole una birra, non intende comprarla.
Non me ne vorranno le altre donne se confesso che i racconti degli appuntamenti di Cesare mi hanno fatto ridere, ma anche molto innervosire per il labirinto mentale in cui alcune rappresentanti del mio sesso sono in grado di far perdere un uomo che, diciamola tutta, alla fine vuole cose semplici e condivisibili (io le condivido, si sappia).

Marco Marsullo è una presenza fissa tra le mie letture - chi frequenta questo blog da qualche tempo lo sa - tanto che, quando sento la nostalgia, mi rileggo uno dei suoi primi libri.
"Tutte le volte che mi sono innamorato" esce sotto nuove effigi editoriali, ma la sostanza con cambia: Marsullo ha già dato prova di saper parlare di grandi sentimenti con una semplicità talmente toccante da emozionare fin dalle prime righe. Questo romanzo è la conferma - qualora ne avessimo bisogno - che il suo modo di raccontare l'amore, l'amicizia e i rapporti umani è un piacere che ci viene elargito troppo raramente rispetto a quanto avremmo bisogno.
La scrittura di Marsullo ha il merito di far insorgere nel suo lettore un'eccitante dipendenza da belle storie, (che potete tenere momentaneamente a bada recuperando anche gli altri suoi libri).

Da un libro all'altro, passando tra le risate e la commozione, non è mai cambiata la mia nostalgia per le sue storie dopo aver girato l'ultima pagina e, tra gli altri, è questo il maggior pregio della narrazione di Marsullo, che lo rende uno scrittore come pochi nel panorama letterario italiano.

«L'idea della solitudine sembra far più male a chi ti scruta che a te per primo. o meglio: è quel riverbero il colpo più doloroso. Come se fossi afflitto da un male incurabile, un'etichetta che, probabilmente, hai addosso fin da ragazzino.»


[libro omaggio della casa editrice]

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