Recensione: Le madri non dormono mai di Lorenzo Marone


«Le vite per la maggior parte s'assomigliano tutte, ma in carcere sono piccine alla stessa maniera, e s'assomigliano ancora di più, e si tengono insieme per farsi forza, s'appoggiano per non cadere.»

Come può un romanzo ambientato in un carcere parlare di bambini, risate, giochi e libertà?
Non si è accorto, l'autore, che in un carcere non arriva il sole, non si susseguono le stagioni, non c'è dolcezza né si può continuare a vivere come se niente fosse, addirittura guardando crescere i bambini?

Chissà, forse anche Lorenzo Marone è rimasto sorpreso quando, entrando nell'Icam (istituto a custodia attenuata per detenute madri) di Lauro - come racconta alla fine - si è reso conto del controsenso di respirare aria di libertà dietro delle sbarre. Chissà cosa ha pensato guardando quel cortile pieno di bambini che giocano insieme come se fossero in un vicolo di Napoli mentre le mamme, dai bassi, danno un'occhiata a loro e una alla pentola sul fuoco.
"Le madri non dormono mai" [Einaudi] è il frutto di quelle riflessioni e di quel dolore che, senza dubbio, investe anche chi entra da visitatore in una realtà del genere.

«Diego portava di Miriam l'odore sulla carne, però nelle giornate camminava da solo.»

Diego ha nove anni e, coi suoi capelli rossi, i chili di troppo e i piedi piatti, sembra non essere adatto a prendersi il suo spazio nel quartiere, nelle periferia di Napoli, che cerca di schiacciarlo.
Quando sua madre Miriam viene arrestata e spedita in un Icam, Diego trova una nuova dimensione all'interno delle mura del carcere: ride, parla con tutti, è gentile con tutti e tutti hanno una carezza e una parola buona per lui, tanto che sua madre non sa come interpretare il fiorire inaspettato di quel figlio troppo buono.

Dal canto suo, Miriam ha dentro talmente tanta rabbia nei confronti della vita che non è mai riuscita a trovare le parole per dire cosa non le andasse bene, ma nemmeno cosa amasse. Il suo amore per la parte più bella di sé, Diego, si esprime per sottrazione, per abituarlo a vivere con poco, a fronteggiare a muso duro la durezza della vita che, quella no, non ti accarezza mai.

«Così avanzava indomita, senza tentennamenti. Credeva nell'onore e nel rispetto, e in suo figlio. E in null'altro.»

Diego è un fiore che sboccia in una primavera anomala, tra la durezza delle restrizioni e il ritmo incatenato di giornate sempre uguali. Ha un cuore grande, Diego, anche se difettoso, come sente di essere difettoso tutto quanto sé stesso, mentre sempre più si convince di non poter cambiare niente con la gentilezza dei suoi gesti, con la sua sola esistenza, nonostante i bambini attorno a lui gli dimostrino l'importanza di prendersi per mano e starsi semplicemente vicini.
Tra tutti, la piccola Melina che ha difficoltà a camminare ma riesce a volare con la testa, raccogliendo nel suo quaderno solo parole belle per descrivere il suo mondo che bello davvero non è.

«Perché, seppure al mondo ci stesse da soli cinque anni, la piccola aveva già capito che bisogna stare dove ti vogliono davvero.»

Pian piano le giornate di Diego e Miriam conquistano una routine e con essa arriva anche un po' di pace nell'animo della donna, che riesce a concedersi anche momenti di fragilità e ad accettare di dimostrare il suo amore di madre. Fin quando Diego compie 10 anni e per la legge non può più stare nell'Icam, ma il bambino è davvero pronto a uscire? I suoi artigli sono cresciuti abbastanza da garantirgli la sopravvivenza nel quartiere?

«Dentro di sé quella sera Miriam capì d'avere una sola religione a tenerla in piedi, la sua maternità.»

Lorenzo Marone ci regala vite che incontrano la nostra e la cambiano: il lettore non riesce a rimanere indifferente di fronte a emozioni e sentimenti talmente grandi che sembra incredibile che qualcuno - Marone - riesca a esprimerle a parole. Eppure, sono lì, nero su bianco, con quella forza che ci investe ancora prima che ce ne rendiamo conto e dopo, poi, è troppo tardi.
Perché se è pur vero che le detenute sono donne che hanno infranto la legge, è anche vero che la tenerezza, il senso di protezione, l'amore incondizionato toccano la sfera degli istinti primordiali che tutti, prima o poi, riconosciamo dentro di noi.

"Le madri non dormono mai" è un romanzo struggente, doloroso, perché riesce a ritrarre un raggio di speranza dove non immagineremmo mai di trovarla, ed è quello che ci fa più male, quando poi la realtà piomba a precipizio su qualsiasi lieto fine pensavamo di meritare. 


«Chissà se i bambini che non hanno niente sentono l'infelicità nativa dell'uomo, chissà se s'avvertono prigionieri, o se la fantasia li fa salvi, se pure dentro a un carcere resta in loro intatta la capacità di scorgere l'intero firmamento in un piccolo cortile scalcinato.»

[libro omaggio della casa editrice]

Commenti