Recensione: Anatomia di un fine settimana di Natasha Brown


«Avevo barattato la mia vita per un frammento di agio borghese. Per un futuro.»

Quanto possiamo decidere di sacrificare, per diventare quello che gli altri si aspettano che noi siamo?
Se lo chiede la voce narrante di "Anatomia di un fine settimana" di Natasha Brown [Astoria] mentre si prepara a passare un fine particolare con il suo fidanzato e la borghesissima famiglia di lui.

«Al contrario del mio ragazzo, non avevo le conoscenze o il denaro necessari ad avventurarmi sulla strada della politica.»

Chi è la protagonista? Non ne conosceremo mai il nome, ma sappiamo che è una donna di colore, nata a Londra da genitori figli di immigrati giamaicani, che ha frequentato le scuole e le università migliori grazie a borse di studio ottenute per i risultati di alto livello che ha sempre raggiunto. Dopo l'università, viene assunta in una prestigiosa banca e, con le sue capacità di previsione finanziaria, scala pian piano i vertici dell'istituzione, fino ad arrivare a dividere con un collega maschio/bianco un risultato altissimo.
Ha un fidanzato che fa parte della borghesia ricca da generazioni, che non lavora e non si preoccupa da dove arriva il suo patrimonio ormai storico.
Ha tutto o quasi, sicuramente ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissata e che anche la sua famiglia aveva sognato per lei, anzi, li ha ampiamente superati. Cosa le manca?

«Nata qui, genitori nati qui, ho sempre vissuto qui - eppure mai di qui. Sul mio corpo la loro cultura diventa una parodia.»

Fin dalle prime pagine, seguendo il flusso di pensieri, ricordi e riflessioni, ci rendiamo conto che la protagonista ha una voce pregna di consapevolezza, ironia e, perché no, cinismo, che le permette di osservare la realtà da un punto di vista diverso, fuori dagli schemi.

Sebbene abbia avuto accesso alla stessa istruzione di alto livello di altri inglesi, sente di essere valutata diversamente, sia da chi lavora con lei sia da chi le sta accanto. Quando il suo ragazzo scherza sul fatto che sia lei, in realtà, la persona ricca della coppia, lei con un sorriso amaro sottolinea la differenza tra denaro e ricchezza, perché il denaro ti impone di alzarti alle sei ogni giorno e di andare in ufficio, mentre la ricchezza ti permette di svegliarti quando vuoi e passare la giornata a leggere giornali e bere caffè.

«Qualsiasi valore le mie parole abbiano in questo Paese deriva dalla mia associazione con le sue istituzioni: università, banche, governo.»

Il fine settimana dell'anniversario dei suoceri, diventa l'occasione per porre ulteriormente a confronto due vite che sono agli antipodi, nonostante i confini tra i loro due mondi possano sembrare molto labili: la sua istruzione non compenserà mai la mancanza di cultura borghese, né i suoi soldi riusciranno ad accorciare il divario tra l'atteggiamento di superiorità che sembra insito nel dna di quella famiglia. Ci sarà sempre un lei e un loro e, sebbene all'inizio sia stata questa differenza a spingerla ad andare avanti, a raggiungere traguardi sempre più prestigiosi, adesso quell'abisso incolmabile l'ha stancata.
Di tanto in tanto, poi, la voce narrante è interrotta dalla durezza di una diagnosi, di una prospettiva futura che la protagonista, in tutte le sue proiezioni, non aveva considerato e che decide di continuare a ignorare.

"Anatomia di un fine settimana" - in originale "Assembly" - è un libro breve ma portatore di molte riflessioni sull'integrazione, sull'istruzione, sul ruolo della donna e sulla sua immagine in società, sul sentimento di appartenenza a una cultura che accoglie ma non integra e, in ultima analisi, sulla vita in generale.
Natasha Brown ha studiato matematica a Cambridge, ha lavorato per anni nella finanza prima di decidere di raccontare questa storia - che viene da chiedersi quanto abbia di autobiografico - e di farsi notare nel panorama letterario britannico come finalista al Goldsmiths Prize. Come la voce della protagonista, anche la sua ha moltissime riflessioni ancora da ispirare ai lettori.

Quando ho scelto di leggerla, non credevo che mi sarei trovata tra le mani una storia talmente piena di realtà che potrebbe essere quella di chiunque incrociamo per strada, potrebbe essere la nostra.

«"Questo weekend significa grandi cose," mi ha detto. Cose serie, eccitanti. Cose che riassumeva in emoji a forma di diamante. Non ero sicura di essere pronta per cose di qualsiasi tipo. Sapevo che erano cose da volere, le cose giuste verso cui allungare la mano. Ma non ne potevo più di allungare, sopportare. Dell'ascesa.»



[libro omaggio della casa editrice]

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