Recensione: La costola di Adamo di Antonio Manzini


«Non esistono delitti perfetti. E sa perché? Perché sono stati commessi. E tanto basta. Semmai esistono colpevoli molto fortunati.»

Rocco Schiavone non è simpatico, non è collaborativo, non accetta sportivamente le sconfitte e non gioca secondo le regole. Però mi piace.
Piace a me e a tutti gli appassionati che, dal 2013, non fanno che leggere e rileggere le sue avventure.
Io sono arrivata appena a gennaio di quest'anno, ma mi è difficile staccarmene e, nonostante le recensioni procedano a rilento, con la lettura sono al settimo capitolo della serie (recupererò anche le recensioni qui, promesso).

Il secondo libro si intitola "La costola di Adamo" [Sellerio] e Antonio Manzini ci descrive il vice questore sempre più sopraffatto dalla vita di Aosta, in cui danza come una folata di vento gelido, senza lasciarsi toccare.
Un suicidio molto particolare lo fa entrare nella casa di una coppia, un matrimonio apparentemente tranquillo, noioso quasi, che rivela abissi di violenza e sopraffazione.

«Gli erano bastati pochi giorni per capire, inseguire e andare a prendere l'assassino, l'idiota, la persona che aveva rotto l'equilibrio naturale. Che aveva spezzato una vita per cosa? Egoismo? Rabbia? Follia?»

Ester Baudo viene trovata dalla domestica impiccata al lampadario. Ma perché quando Schiavone entra e inconsapevolmente accende la luce, ci sono scintille dappertutto? E perché i segni sul corpo di Ester raccontano un'altra storia?
Schiavone entra in casa e osserva, qualcosa non gli torna, dei dettagli gli rivelano che la situazione non è quella che sembra a prima vista. Così, si mette a scavare, a parlare con chi ha conosciuto la donna quando era viva e alcuni pezzi del puzzle trovano il suo posto. Eppure non tutto è chiaro.
Quali ombre riveleranno la verità ultima? E Rocco come reagirà?

"La costola di Adamo" è un capitolo che scandaglia la violenza sulle donne, che pungola il nostro vice questore nell'onore di uomo e di poliziotto, che gli fa guardare una donna, una moglie maltrattata e ripensare, forse, anche alla sua amatissima Marina, che lui stringeva, sì, ma solo per abbracciarla.
Di capitolo in capitolo, le ombre attorno a Rocco di infittiscono, diventano parte del paesaggio che si apre davanti ai suoi occhi ogni volta che apre la finestra del suo ufficio.

Ora che sono andata avanti nella lettura e ho iniziato anche la serie tv, mi piace ripensare a queste pagine dove tutto sembrava difficile per Schiavone ma era così facile, le donne, il sesso, la sua squadra, tutto aveva un senso, seppure molto labile. Sapendo quello che dovrà poi attraversare, col senno di poi, avrebbe potuto godersela di più, detto tra noi.

Il fascino di questa serie resta fortissimo, per me, un'attrazione che temo resterà inalterata anche una volta che finirà, alimentando una nostalgia che già nel presente si fa sentire.

«Ma per capire l'egoismo la rabbia o la follia, Rocco doveva immedesimarsi, come fanno i bravi attori prima di interpretare un personaggio. E per immedesimarsi doveva entrare nella testa malata di quella gente, mettersi addosso la loro pelle lurida, mimetizzarsi e scendere laggiù, nelle fogne, a cercare con la torcia la parte più indegna e sporca di un essere umano.»

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