Recensione: Chiaroscuro di Raven Leilani


«Sono brava, ma non abbastanza, ed è molto peggio di quando si è semplicemente scarsi. Vuol dire essere quasi

Cosa significa essere giovani, poveri, affamati di contatto umano, desiderosi di farsi strada in un mondo che, a ogni passo avanti, te ne fa fare dieci indietro?

Raven Leilani nel suo romanzo d'esordio "Chiaroscuro" [Feltrinelli] descrive la condizione di Edith, seguendo linee mai prima tracciate per parlare di una giovane afroamericana alla ricerca di un'identità negli Stati Uniti di oggi, mentre si districa nella rete di rapporti passeggeri.

La protagonista, Edith, ha ventitré anni, lavora in una casa editrice a New York, dove vive in un appartamento condiviso, e ha una passione mai sopita per la pittura. Edith frequenta Eric, un quarantenne sposato che di lavoro fa l'archivista digitale: il loro rapporto si dipana tra chat erotiche e fugaci incontri. Quando Edith perde il lavoro, inaspettatamente trova una sponda di supporto nella moglie di Eric, Rebecca, la quale è a conoscenza della relazione e decide di aiutare la ragazza facendola andare a vivere da loro, in un ricco sobborgo del New Jersey, ovviamente non senza averne un tornaconto.
Eric e Rebecca hanno infatti adottato una ragazzina afroamericana, Akila, con la quale la mancanza di cultura condivisa - dai capelli alla fisicità, al bullismo - è diventata un muro invalicabile.
Edith è giovanissima, nera, intelligente, sicuramente avrà un altro approccio con la figlia, pensa Rebecca, e in parte avrà ragione.

«E poi, come succede sempre in questi casi - perché sei sempre stata l'unica diversa nella stanza, perché sei riuscita chissà come a conservare la speranza che nella prossima stanza sarà diverso -, si è guardata intorno, cercandomi. E quando mi ha trovata, quando ci siamo guardate per la prima volta, finalmente libere dallo scomodo ruolo di rappresentare una minoranza, ho provato un enorme sollievo.»

Più Edith è a contatto con Rebecca e Akila, più il suo rapporto con Eric diventa evanescente: allo sguardo lussurioso dell'uomo, si sostituisce quello curioso di sua moglie, che non può fare a meno di guardare quel corpo giovane, sodo, le labbra turgide, e immaginarsi il desiderio del marito che si risveglia, che diventa violento, che si fa estraneo da quello che lei conosce.
A sua volta, Edith entra in contatto con un corpo che non è il suo e che non ha niente di sessuale, i muscoli nervosi di Rebecca, le gambe lunghe e magre, lo sguardo tagliente, tutto le parla di una vita a cui lei non ha accesso e non ce l'avrà mai.

"Chiaroscuro" - Luster, in originale, che si focalizza più che sulle ombre, sulla lucentezza - ci presenta la voce di Edith che, in alcuni momenti, diventa la voce di un'intera generazione, al di là delle differenze etniche.

«Prima mi piaceva. Quando eravamo qualcosa di astratto. Quando eravamo in cima alle montagne russe e il vento gli scompigliava i capelli.»

Raven Leilani viene dal mondo dei racconti su riviste come Granta, McSweeney's, The Yale Review, Narrative Magazine, e il taglio delle frasi, la scelta di mostrare immagini stringate, crude nella loro brevità, porta il marchio, secondo me, di quella scuola.
Leilani è una giovane donna, afroamericana di Brooklyn e non è difficile crederle quando parla degli sguardi della gente bianca che si posano con una velata accusa sull'unica ragazza nera che entra nella stanza.
È in quegli sguardi sfuggenti - ma che indugiano sempre un attimo di troppo - che Raven ci sbatte sotto gli occhi le cicatrici per i graffi causati da tutti i pregiudizi che non crediamo di avere.

"Chiaroscuro" è il romanzo di una luce improvvisa, che rende ancora più nere le ombre, è il racconto di quella zona fertile, ricca di incognite che si assiepa nell'angolo di oscurità più lontano dallo splendore.


«Ci si crea sempre una strada per documentare come riusciamo a sopravvivere o, in certi casi, come non ci riusciamo.»


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