Recensione: Io, Jack e Dio di Andrea De Carlo


«La verità era che da quel primo, e fino al giorno precedente unico, bacio sulla spiaggia io e Jack eravamo andati avanti per vent'anni come due arcieri che corrono a zig-zag in un tiro incrociato di illusioni e delusioni sentimentali senza mai colpirsi a vicenda.»

Un amore può essere impossibile per le più svariate ragioni, ma se tra i due amanti si pone addirittura Dio,  le cose sembrano complicarsi ulteriormente.
"Io, Jack e Dio" è il nuovo romanzo di Andrea De Carlo, che arriva oggi in libreria per La nave di Teseo e che fa dell'amicizia che si trasforma in amore il fulcro della ricerca del senso della vita dei protagonisti.

Mila e Jack hanno passato tante estati insieme, ospiti delle rispettive nonne, nelle case al mare lungo le spiagge di Lungamira, una cittadina balneare (inventata) sulla costa adriatica. Estate dopo estate, i due ragazzi hanno costruito un'amicizia solida che continua anche durante l'anno, grazie a una fitta corrispondenza tra l'Italia e l'Inghilterra, e che resiste ad amori effimeri e delusioni familiari e lavorative.
Finché, all'improvviso, Jack sparisce e a Mila sembra di cadere nel vuoto senza il suo sostegno, senza le letture condivise, senza le loro conversazioni.

Dopo sette anni, nel momento più difficile della sua vita, Jack riappare sotto gli occhi di Mila e lei non crede che quel frate che sta guardando predicare dall'altare, sia il suo amico perduto.

«Il tempo ha questo modo non-lineare di procedere: va avanti a strascicamenti da lumaca e scatti da lepre, e trova comunque il modo di lasciarti indietro. È sempre così, ma quando si tratta di me e Jack è mille volte peggio.»

Mila e Jack sono cresciuti insieme e credono di conoscersi fino in fondo, eppure c'è un angolo segreto del loro animo che resta sempre celato, ed è in quel punto che la fede trova terreno fertile per Jack, tanto da fargli abbandonare le serate a base di alcool e donne e abbracciare uno stile di vita completamente diverso, addirittura inconcepibile fino a un momento prima.
Quando Mila lo incontra nelle sue nuove vesti, stenta a credere che il cambiamento sia così radicale: l'uomo che ha davanti non combacia con l'immagine del ragazzo che ha impressa nella mente e lo scollamento con la realtà, già in atto per una sua crisi personale, diventa definitivo.

Ho avuto l'onore di leggere in anteprima il ventiduesimo romanzo di Andrea De Carlo e di parlarne con lui in un incontro esclusivo e, qualora non fosse una storia così coinvolgente, sentirne parlare l'autore me l'ha resa particolarmente cara.

Ai temi dell'amore e dell'amicizia, molto amati da De Carlo, si aggiunge l'argomento spirituale che si declina nel continuo porsi domande da parte di Jack e dei suoi confratelli - sulla fede, sulla Chiesa, sull'amore, sui rapporti - e che diventa una ricerca che non può mai concludersi.
"Niente è dato per scontato - afferma l'autore durante l'intervista -, tutto può interrompersi di colpo. Se mai ci volessi leggere un messaggio, in questa storia, è questo, insieme al continuare a porsi domande e a riflettere sui limiti delle cose, terrene e non".

«Anche se né io né lui l'avevamo mai voluto ammettere, sapevamo benissimo che l'incantesimo non sarebbe durato per sempre, e che prima o poi ci saremmo fatti del male.»

La voce narrante è quella di Mila e De Carlo ci regala un punto di vista femminile pieno di fragilità e forza, allo stesso tempo, la voce di una bambina sola che cerca un amico, dell'adolescente senza l'appoggio della famiglia, della donna che non riesce a costruire un rapporto stabile.
Insieme a lei viviamo la spaccatura tra un amore travolgente e la responsabilità che Jack ha nei confronti della sua scelta, con lei vorremmo avere le risposte a tutte le domande che si affollano nella testa ogni volta che lei e Jack sono vicini. 

"Io, Jack e Dio" non è una favola e non può avere uno scontato happy ending, perché, proprio come nella vita, l'amore è solo l'inizio di una ricerca più grande che probabilmente ci darà più domande che risposte e, proprio per questo, ci rende vivi in ogni battito.

«Sentirgli dire "noi" mi ha fatto vacillare: suonava così diverso dai "noi" degli anni della nostra amicizia straordinaria.»



[libro omaggio della casa editrice, che ringrazio anche per l'incontro esclusivo con l'autore]


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