Recensione: Le mie cene con Edward di Isabel Vincent


«Di certo quello in cui credevo, in quegli anni, era la grandezza di una cena. Credevo nella magia di Edward.»

Quando qualcuno vi dice di non fidarsi delle copertine, diffidate. Prima o poi cadrà vittima del sortilegio.
Quelli di voi che mi seguono da qualche tempo, ormai sapranno che su di me le copertine sono una tentazione. A volte vinco una bella lettura con una bella copertina, altre volte perdo (un po' di tempo), ma chi può dire quando sarà la volta buona?

Stavolta ho stravinto!
"Le mie cene con Edward" di Isabel Vincent [Garzanti] è un libro la cui copertina rimanda al senso di pace e calore che si trova anche nella storia.

Quando la sua amica Valerie le chiede di passare a dare un'occhiata al padre novantenne, Isabel non ha molta voglia di conoscere un anziano che magari ha bisogno anche di assistenza.
Isabel è una giornalista investigativa a New York e, prima, ha girato il mondo dietro alle notizie, non è abituata a prendersi il suo tempo per fare qualsiasi cosa le faccia piacere. Eppure, da quando bussa alla porta di Edward per la prima volta, entra in un universo talmente accogliente e confortevole che, a un certo punto, si rende conto di non avere alcuna intenzione di uscirne.

«Edward mi stava insegnando l'arte della pazienza, il lusso di rallentare il ritmo e di concedermi il tempo di riflettere su quello che facevo.»

L'appartamento di Edward su Roosevelt Island è il tempio dell'amore per la moglie Paula la cui mancanza è una ferita sempre aperta. Dalle lettere ai biglietti degli spettacoli teatrali, passando per i testi teatrali che scrivevano insieme, ogni dettaglio racconta una parte della loro vita e della loro storia d'amore, un sentimento che non subisce alcuna lontananza.

Dalle conversazioni con Edward, Isabel impara tante cose, soprattutto su sé stessa e sulle relazioni fallimentari che l'hanno condotta alla quasi totale solitudine.
Una cena dopo l'altra, Isabel assapora il gusto di fermarsi a bere un bicchiere di vino e di assaggiare una nuova ricetta di cui non riesce a decifrare nemmeno tutti gli ingredienti.
I racconti di Edward la trasportano in un'altra epoca, le fanno sentire l'importanza di altri valori, attualmente andati perduti, e portano a galla sensazioni sopite.

«Ma qualsiasi cosa accedesse nel mondo, la cena a casa di Edward, a Roosevelt Island, rappresentava un intermezzo magico.»

Quando mette piede su Roosevelt Island, Isabel entra in una dimensione fuori dal tempo, con i suoi rituali e una sorta di sacralità che le dona pura gioia: non si sa come faccia, ma Edward riesce a creare un'atmosfera in cui anche pane e formaggio diventano un evento di una grandezza impressionante.

Leggendo "Le mie cene con Edward", mi sono resa conto che la magia delle cene esce dalle pagine e sparge serenità tutt'attorno.
Ho sorriso, mi sono commossa, ho temuto per Edward e anche per Isabel, che a volte certe convinzioni sono più letali di qualsiasi malattia. Ho avuto l'acquolina in bocca per certi piatti il cui profumino è arrivato forte e chiaro, mi sono scoperta a cercare le foto delle stradine di Roosevelt Island e mi sono lasciata incantare.

Sono stata bene, leggendo questo libro, e ve lo consiglio perché mi piacerebbe che qualcun altro si sedesse a tavola con me, Edward e Isabel e brindasse alla vita e al sapore, spesso dimenticato, della felicità.

«Durante le mie cene con Edward sentivo che il mio cuore diventava più forte e adesso, a distanza di anni, stringevo il mondo nel mio abbraccio.»


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