Recensione: L'enigma della camera 622 di Joël Dicker


«Questa storia è pazzesca.»

Prendete un romanzo che parla di uno scrittore che, per scrivere un romanzo, si trova a indagare su un delitto e, così facendo, regala al lettore una storia nella storia. Prendete quello che vi ho appena detto e mescolate gli elementi, date loro una forma e poi scompaginate ancora una volta il tutto.
Fatto?
Ecco, ora potete aprire la suggestiva copertina di "L'enigma della camera 622" di Joël Dicker [La nave di Teseo] e godervi una lettura coinvolgente che vi farà mettere da parte ogni altro pensiero.

In seguito alla morte del suo editore, la voce narrante, un noto scrittore - in cui non si ha alcuna difficoltà nel riconoscere Dicker stesso - ha bisogno di staccare, così decide di partire da Ginevra e dedicarsi un weekend al Palace di Verbier. Quando alla reception del lussuoso hotel gli assegnano la chiave della suite 623, si ritrova in un corridoio con una insolita bizzarria: le camere sono numerate 620, 621, 621 bis e 623.
La mancanza della suite 622 diventa il pretesto per iniziare a parlare con la sua vicina di balcone, una donna misteriosa e annoiata che lo spinge a indagare sulla questione.
Vincendo a poco a poco la reticenza del personale alberghiero e ricercando articoli e documenti, lo scrittore disseppellisce una vicenda risalente a quindici anni prima.

Il Palace di Verbier, infatti, all'epoca era solito ospitare la festa annuale della Banca Ebezner, un'importante realtà finanziaria che si apprestava a nominare il suo nuovo presidente. La notte dell'elezione avvenne un delitto per cui la polizia non riuscì a individuare un colpevole: erano talmente tanti ad avere un movente per aver commesso il fatto che fu impossibile restringere il cerchio attorno all'assassino. Quindici anni dopo, nuove verità verranno alla luce.

Ho avuto difficoltà a parlarvi di questo romanzo che, all'ultima pagina, mi ha lasciato a bocca aperta, stupita per la struttura che trova un senso perfetto, stupita per la scrittura che ha permesso a oltre 600 pagine di correre sotto gli occhi a una velocità vorticosa e, in ultimo, stupita per la genialità di questo autore che, non a caso, è uno dei più amati e venduti.

"L'enigma della camera 622" è il primo libro che leggo di Dicker, ma non posso dire certamente di non conoscerlo.
Ginevrino, Dicker è sui giornali svizzeri un giorno sì e l'altro no, con un libro in uscita o meno, e leggo spesso sue interviste sugli argomenti più disparati.
Se non fosse abbastanza, i social esplodono a ogni sua nuova pubblicazione e, avrei dovuto vivere in Alaska per non conoscere ogni sua - magnifica, lasciatemelo dire - copertina.

Questo per dire che, fin dalle prime pagine, addirittura dalla dedica a Bernard de Fallois - il suo primo editore, quello che ha scommesso su un giovane sconosciuto, morto nel 2018 - ho trovato una certa familiarità nella sua voce.
La voce narrante in prima persona è quella di Dicker, la tristezza dello scrittore in crisi dopo il lutto è facilmente riconoscibile come un affettuosissimo omaggio al mecenate che gli aveva dato fiducia, le strade di Ginevra, i bar, il Palace di Verbier, ogni ambiente descritto mi è risultato familiare e mi ha reso ancora più piacevole la lettura.

Se ho trovato troppo macchinose certe trovate? Sì, non posso negarlo, ma poi ho dovuto ricredermi ogni volta, perché di fronte all'incredulità del lettore Dicker contrappone un elemento, che fosse anche solo un piccolissimo dettaglio, che rende tutto di nuovo plausibile e fa questo giochetto ogni volta, grazie anche a uno stile descrittivo molto affascinante, in grado di evocare immagini come su uno schermo cinematografico e di accendere un riflettore sul particolare che non avevamo notato e che era proprio lì, sotto i nostri occhi. Nessuna sbavatura, nessuna pecca.

Dopo aver letto "L'enigma della camera 622" mi chiedo cosa si sia inventato altrove lo scrittore che sforna un bestseller (meritato!) dopo l'altro.
La soluzione la troverò leggendo le altre sue opere e, chissà, aspettando un nuovo libro con la curiosità di sapere fin dove può spingersi quella che non esagero a definire genialità.

«È stupefacente, Lev! Tu sei un genio! Un genio assoluto! Ti rendi conto? Ci hai abbindolati tutti!»


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