Recensione: La sirena di Black Conch di Monique Roffey


«Il mare piatto e scuro si aprì. La sirena emerse e uscì dall'acqua, i capelli che frustavano come un fascio di cavi, le braccia scagliate all'indietro nel balzo, il corpo scintillante di squame e la code guizzante, enorme e muscolosa come quella di una creatura delle profondità dell'oceano. Saltò in alto, nell'aria, inarcandosi in una capriola.»

L'estate è quel tempo fatto anche di sogni, popolato da miti e leggende, che lascia da parte per qualche momento la razionalità e ci riconnette con un io più profondo, con quella parte di noi che ci fa credere anche all'impossibile.
Sono cresciuta respirando il mito della sirena Partenope e delle sirene assiepate sugli scogli delle grotte di Capri, quindi quando Daryl Hanna salva Tom Hanks in "Splash, una sirena a Manhattan" per me era solo un caso fortuito che fosse capitato a lui di vedere un essere leggendario e non a me, che pure passavo le giornate su una spiaggetta selvaggia in cerca della meraviglia.

"La sirena di Black Conch" di Monique Roffey [Marsilio] è un romanzo che mi ha riportato a quelle estati di sogni e di leggende, in cerca della meraviglia che, stavolta per fortuna, ho trovato tra queste pagine.

David Baptiste è un pescatore di Black Conch (un'isola immaginaria dei Caraibi) che, nelle sue uscite in barca, ha fatto un incontro molto particolare: una sirena dalla pelle rossa e gli occhi d'argento è emersa dalle profondità dell'oceano per ascoltarlo cantare accompagnato dalla chitarra.
Sarà il potere ammaliante da sempre attribuito a questo essere leggendario, sarà che David di donne ne ha incontrate troppe, ma fin dal primo momento sente con Aycayia una connessione che sfida il tempo e la logica.
Quando due yankee arrivano a Black Conch per una battuta di pesca e prendono all'amo proprio Aycayia, qualcosa si spezza nelle forze che da sempre reggono gli equilibri dell'isola: l'equipaggio, composto da giovani locali, sa che hanno fatto qualcosa di sbagliato a tirare su una sirena, che una sirena non si tocca, eppure, allo stesso tempo, ne sono tutti ferocemente attratti.

«Ricordava gli uomini, quelli che erano venuti a trovarla così spesso, i mariti, gli scapoli, tanto tempo prima. Ricordava che venivano a sentire le sue canzoni, a vederla danzare, ricordava che riusciva a malapena a tenerli a bada; che questo non piaceva alle donne del villaggio.»

Monique Roffey ci racconta la leggenda di Aycayia, una donna maledetta da altre donne a causa della sua bellezza e gettata nelle profondità dell'oceano per scacciarla dalla mente degli uomini che la volevano. L'autrice, però, fa più di questo: ci racconta, finalmente fuori dai denti, una storia che risale all'alba dei tempi e che non finirà mai, cioè l'odio delle donne nei confronti delle altre donne.
La sofferenza della sirena che prima perde la sua identità di donna e poi, ancora, quella di sirena, è una ferita aperta dalla crudeltà che è possibile infliggere a qualcuno che non si capisce, e che per questo si teme.

«Perché le donne odiano così tanto le altre donne? Eh?»
«David, siamo ben lontani dal saperlo.»

"La sirena di Black Conch" è, in definitiva, una storia d'amore: «Il mio romanzo - spiega l'autrice - è soprattutto una grande storia d'amore, un amore così potente da essere forse in grado di sconfiggere una maledizione eterna».
L'amore di David Baptiste per Aycayia non ha limiti, né fisici né temporali: i due sono legati al di là della coda di pesce o della distanza, il loro sentimento è una scoperta per entrambi, un'emozione che emerge da dentro di loro, quasi fosse sempre stata lì in attesa.

Sorprendente nella sua emozionante semplicità, commovente per i sentimenti che emergono da ogni pagina, sia che si parli di un mezzo pesce, sia che si racconti la travagliata esistenza di alcuni abitanti di Black Conch - la signorina Rain e Reggie, su tutti -, questo romanzo mi ha oltremodo sorpreso e emozionato.
Perché il mito delle sirene nel mio cuore ha già un nuovo volto, ed è quello della storia di Aycayia e del suo David Baptiste. Indimenticabile.

«Vieni a trovarmi di nuovo, dolce amore. Vieni a trovarmi dove ci siamo incontrati, su quegli scogli, nello stesso posto, alla stessa ora, l'anno prossimo. Ti rivedrò là, ti rivedrò di nuovo, cara amica».


[libro omaggio della casa editrice]

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