Recensione: Il libro dell'estate di Tove Jansson


«Non è che la stessa lunga estate di sempre, e tutto continua a crescere secondo il proprio ritmo.»

L'estate è la stagione che, a mio avviso, ama cambiare così come cambiano gli animi di quelli che la vivono. Prova ne siano i ricordi dell'infanzia che, specialmente d'estate, assumono un altro spessore, destinato a essere pietra di paragone per tutte le esperienze estive che verranno dopo.

"Il libro dell'estate" di Tove Jansson [Iperborea] è il racconto dei mesi che la piccola Sofia passa con la nonna sull'ultima isola abitata dell'arcipelago finlandese, con il mare aperto e selvaggio sempre negli occhi.

Ogni capitolo è il racconto di una giornata particolare o di un'avventura, di un'esperienza, di un capriccio o di una paura da affrontare, dell'osservazione dei gesti della nonna e della natura circostante, dei sentimenti che pian piano si delineano di fronte all'imparzialità implacabile del tempo che passa.

«Quando soffia il vento di sud-ovest si ha facilmente l'impressione che i giorni si succedano gli uni agli altri senza mutamenti né eventi di alcun genere; giorno e notte è sempre lo stesso mormorio quieto e uniforme.»

"Il libro dell'estate" è un romanzo di formazione così come lo sono state tutte le estati della mia infanzia: l'osservazione quasi ossessiva dei gesti degli adulti, i suoni degli insetti, l'incessante andirivieni delle onde, le tradizioni religiose che cadevano nei mesi estivi, i racconti tramandati di bocca in bocca, i riti immutabili.
La natura selvaggia dell'isola e i colori non corrispondono alle mie quiete estati mediterranee, ma le esperienze della piccola Sofia sono assimilabili alle esperienze di chi ha avuto la fortuna di passare dei mesi spensierati. "Senza un'infanzia felice non avrei mai incominciato a scrivere" ha detto Tove Jansson, ed è quello il tratto che lo accomuna, al di là dell'epoca in cui è stato scritto il libro e della latitudine in cui è ambientato, alle estati felici dell'infanzia.


Ho amato particolarmente il capitolo intitolato "Agosto" perché ho sentito davvero il senso di nostalgia per l'estate che non se n'è ancora andata ma di fatto non è più lì e l'autunno che non è ancora pronto ad arrivare.
Per i protagonisti del racconto, agosto significa il buio che avanza e le operazioni per riportare l'isola al suo stato originario, eliminando tutte le tracce dei mesi trascorsi lì: la nonna e il padre della bambina chiudono gli scuri delle finestre, puliscono la casa, si preparano all'inverno, si muovono secondo una danza antica e salvifica per mettere al riparo le cose che contano.
Gli occhi di Sofia ci fanno seguire tutte le operazioni, ci spiegano il perché di certi gesti, ci portano a guardare verso il mare che pian piano è sempre più scuro e, se passa una barca che va verso il largo, sentiamo il battito del cuore della nonna accelerare.

"Il libro dell'estate" è stato il libro di una mia estate passata, ma la sua semplicità piena di significati è una poesia che, sebbene abbia un ritmo diverso dalla stagione così come la conosco, mi risuona nelle orecchie anche ora.

«C'è tanta calma intorno, ognuno va per la sua strada ma poi ci ritroviamo tutti di fronte al mare in un tramonto sereno.»


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