Recensione: Morire ti fa bella di Stefania Crepaldi


 

«Sei una ragazza Fortunata» mi ripetono dacché ho memoria.
Fortunata. Un nome un destino.

Quanti investigatori ci sono nella storia della letteratura gialla/noir? Infiniti, e tutti con un mestiere collaterale diverso. C'è il prete di campagna, il medico, il musicista, il poliziotto, l'artista.
Fortunata Tiozzo Pizzegamorti, invece, fa la tanatoesteta, cioè trucca i morti per l'impresa funebre di famiglia. Macabro? Può darsi. Vi risolleverebbe l'umore sapere che in realtà il suo sogno è fare la pasticciera? Ah ecco, va già meglio. Ma procediamo con ordine.

"Morire ti fa bella" di Stefania Crepaldi (Salani) è un giallo dall'ambientazione squisitamente italiana, tra le calli di Venezia e la laguna di Chioggia e, fin dalle prime pagine, dà prova di un umorismo nero che potrebbe essere difficile da digerire, eppure strappa quel sorriso obliquo di una verità amara.

L'indagine in cui Fortunata viene coinvolta dal colonnello della guardia di finanza Dante Braghin è, allo stesso tempo, un'affare di famiglia: il Signor M., il padre di Fortunata, viene chiamato dalla prestigiosa famiglia di gioiellieri Chiodoro per organizzare il funerale del loro rampollo Gregorio, che si è suicidato gettandosi dall'alto di un palazzo storico. Il colonnello Braghin non crede del tutto alla pista del suicidio e incarica Fortunata - che entrerà in casa Chiodoro in altra veste, un tailleur più che altro, rigorosamente nero - di guardarsi attorno e di notare dettagli che alle forze dell'ordine sono sfuggiti.

Come dicevo all'inizio, però, Fortunata sogna di fare la pasticciera: il suo amico Mario le apre le porte del suo laboratorio dove, per qualche ora, si dedica a impastare, montare panna, addensare crema e lasciarsi avvolgere e coccolare dai profumi che le riscaldano il cuore. Sarebbe così sbagliato, in fondo, che decidesse di lasciarsi alle spalle il business di famiglia e si lanciasse in un'impresa completamente nuova, ma anche completamente sua e che la rendesse totalmente felice?
Fortunata è combattuta tra un forte senso del dovere e il desiderio di essere felice, come tutti, senza essere più additata - ed evitata - come "la figlia del becchino" e, per ora, l'unica cosa che riesce a fare è barcamenarsi tra i suoi desideri e la realtà, chiedendosi se può essere proprio questa la soluzione a tutti i suoi problemi.

"Morire ti fa bella" è un giallo godibilissimo, pieno di black humour, che ammanta la protagonista di un'aura molto particolare, tra malinconia e ironia, tra un fortissimo ansito di vita e l'immancabile cadavere che l'aspetta a casa.
Da alcuni passaggi si ha l'impressione di entrare in medias res nel racconto e in effetti è così, almeno da un punto di vista editoriale, perché questa è la seconda avventura della tanatoesteta investigatrice, già comparsa in un racconto intitolato "Di morte e di amore". Solo leggendo anche quello il lettore che l'ha conosciuta ora avrà più chiara la situazione con Vito, la sua fuga e, di conseguenza, la sua reazione quando ha incontrato Andrea.

Se un libro riesce a essere così piacevole pur parlando degli aspetti più macabri e nascosti della morte, non posso fare altro che consigliarvelo e sperare che presto avremo ancora notizie di Fortunata.


«Ma la morte non è la fine della vita, è solo una trasformazione. La morte è un messaggio d'amore per noi che restiamo, è un invito a godere di nuovo delle nostre giornate. Io non temo la morte, perché rispetto troppo il messaggio che porta con sé.»


[libro omaggio della casa editrice]


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