Recensione: L'avvelenatore di Emanuele Altissimo


«Avevo trentasei anni e mio padre moriva per la seconda volta. Mentre viveva non c'ero, avevo rinunciato a lui in cambio di una vita strappata, ma pur sempre una vita, e adesso ero qui, senza cuciture, come la crepa che gli divorava la casa. Non mi restava nient'altro.»

In tanti anni di letture di noir e thriller, fin dalle prime pagine, il mio cervello si lancia come un segugio alla ricerca di indizi. Questo dettaglio sarà importante? Quella particolare descrizione mi porterà a scoprire il colpevole? Perché un personaggio ha guardato un altro, perché proprio con quella intensità?

Ho fatto la stessa cosa quando ho letto "L'avvelenatore" di Emanuele Altissimo [Bompiani], ma il mio metodo ha sortito pochi risultati stavolta. In questo romanzo sono tutti colpevoli e, in definitiva, sono tutti innocenti.

«Borgo Spirito era una località di poche case in cima a un colle. Un alimentari, la tabaccheria, cascine sparse ai suoi piedi come briciole di pane. La statale passava da lì, in mezzo ai campi di frumento immersi nel buio.»

Arno Paternoster ha un rapporto a dir poco complicato con il padre, lo teme, ne cerca l'approvazione ma sa di non poter mai soddisfare le sue aspettative. Dal canto suo, l'uomo sembra instillare veleno in ogni persona della sua famiglia col suo atteggiamento giudicante e tossico. Quando viene svegliato da una chiamata dei carabinieri nel cuore della notte, Arno parte da Torino, dove vive con la moglie Linda e la figlia Greta, e rientra a Borgo Spirito dove, nella villa di famiglia, è successo qualcosa di molto grave. Solo quando arriva sul posto, Arno si rende conto che sono accadute cose davvero terribili: suo padre, Furio Paternoster, stimato medico, è morto in maniera violenta, a prima vista un suicidio, ma gli inquirenti non ne sono convinti.
Le indagini fin da subito si dirigono con occhio malevolo verso quel figlio che si era allontanato, che platealmente contestava il padre, che pubblicamente era contro di lui. È facile trovare prove se si guarda tutto attraverso un filtro: una telefonata persa, una visita fatta al momento sbagliato, perfino un orologio di famiglia, tutto diventa una conferma di colpevolezza.

Arno è il colpevole perfetto, anche i giornali ne sono convinti. Ma cosa è successo davvero?

Capitolo dopo capitolo, veniamo messi a parte dei ricordi di Arno, che chiariscono, almeno in parte, l'origine del suo rapporto col padre. Tutt'attorno, il paese, questo agglomerato di poche case e cascine raccolte spiritualmente attorno alla chiesa, è il luogo dove gli assoluti si manifestano più facilmente. Come succede sempre, i paesani sono un mostro dal corpo unico ma con tante teste, ognuna dedita al pettegolezzo, alla malignità, alla creazione di un microcosmo inviolabile e venefico.
Mentre il suicidio diventa quasi da subito omicidio, tutto sembra essere avvolto da una nebbia che confonde i pensieri e ammorba chiunque ci cada dentro.

"L'avvelenatore" è senza dubbio un romanzo di suspense, fin dalle prime pagine il ritmo è incalzante, la tensione schizza alle stelle anche per le azioni più semplici o per un sorriso che scappa nel momento sbagliato.
È come se Altissimo zoomasse sui dettagli per accrescere l'ansia di sapere cosa sta succedendo: uno sguardo che Linda rivolge a Arno, una camicia bruciata, i non detti della madre, il paese che sembra sapere e poi girarsi dall'altra parte, il dubbio.
Il dubbio: è per questo che fin dalle prime pagine non me la sono sentita di parteggiare per l'uno o per l'altro. Perché, da lettrice appassionata, avrei avuto bisogno di un appiglio maggiore per mettermi dalla parte di Arno, ma non sono riuscita a trovarlo.

Nel finale, sono stata investita dalla consapevolezza del valore di questo testo: la scrittura di Altissimo riesce a tenere, dalla prima all'ultima pagina, la suspense costantemente a un livello di guardia tale che, anche nei momenti in cui sembra essersi volto tutto per il meglio, non riusciamo a rilassarci.
Perché, in fondo in fondo, l'avvelenatore ha colpito anche noi.

"Io so chi sei." Ha abbassato lo sguardo. "Non importa cosa dicono di te."
Un altro silenzio, pieno della stessa domanda che da giorni rimbombava nella mia testa, come un grido sempre più forte. Chi è Arno Paternoster?


[ebook omaggio della casa editrice]

Commenti