«Come avevo fatto a ignorare per così tanto tempo che il tabù più grande del mondo, in qualsiasi latitudine e in qualsiasi società, è il denaro?»
Quando apriamo un libro, stabiliamo un patto con il suo autore: giuriamo che, qualsiasi cosa succeda, noi crederemo alle sue parole, saremo partecipi della sua meraviglia, sentiremo freddo se ci porta a passeggio nella neve - anche se sul nostro divano, dove stiamo leggendo, si registrano quaranta gradi -, avremo sete se ci descrive un deserto, soffriremo quando i personaggi soffrono.
Per la seconda volta nella mia vita di lettrice, io stabilisco un patto con Melissa Panarello e giuro solennemente di credere che quello che mi racconta in "Storia dei miei soldi" [Bompiani] non è una biografia, sebbene l'autrice si sia premurata di lasciare quanti più indizi possibili per smentirmi.
Spero di riuscire a spiegarvi quello che intendo raccontandovi la trama: una scrittrice, diventata famosa molto giovane in seguito alla pubblicazione di un libro alquanto osé, si ritrova in un certo momento della sua vita in cui sembra aver esaurito le storie da raccontare. In quel preciso momento, incontra Clara T., l'attrice che interpretava lei nel film tratto da uno dei suoi libri.
Se vi risuonano delle analogie con Melissa Panarello e il suo "Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire" e con il film a esso ispirato, vi fermo subito, perché siete fuori strada.
«A volte penso che questo destino ingrato, questa cosa della mia povertà, sia colpa delle infinite ruberie che ho fatto nelle vite degli altri, prendendo pezzi di storie che non mi appartenevano e incidendole sul petto.»
La voce dell'autrice ci racconta la vita di Clara così come campeggiava sulle pagine dei giornali di gossip all'apice del suo successo: attrice giovane venuta dal nulla, interpreta il primo film tratto dal suo libro e il pubblico ne fa un alter ego della scrittrice; dopo alcune altre prove non altrettanto degne di nota, si perde negli ingranaggi dello showbiz, un po' inghiottita, un po' fuggita.
Quando la incontriamo noi, Clara è il fantasma di quella ragazza, apatica, affamata, solo gli occhi verdi sembrano conservare una disperazione che risucchia tutta la vita che trova.
Clara ha guadagnato tanto, ha speso tantissimo, ma è stata anche fregata da tutti quelli che da lei volevano solo arraffare quanto più possibile - il suo agente, sua madre, i suoi fidanzati -, fin quando non è rimasto più niente, del conto in banca ma anche di lei stessa. Perché, quello che Clara dice fin dal primo incontro, è che la sua storia è la storia dei suoi soldi perché "tutto era sempre stato regolato dai soldi, ma non si doveva dire".
«Ti porto i miei estratti conto. Altro che romanzi, è lì che trovi le storie della gente. È così che conosci le persone, da cosa scappano e da cosa si sono fatte sedurre, se vuoi conoscere il passato e il futuro di qualcuno è lì che devi guardare, lascia perdere le stelle, le carte, le linee della mano. Fidati delle loro tasche.»
C'è la scrittrice, c'è Clara T. e ci sono i soldi, tutti e tre impegnati in un dialogo che, a ben guardare, è il monologo di Clara che racconta la sua vita perché sia ricordata, o forse solo per spiegare le profonde tristezze che la abitano, causate anche da quel denaro che è stata la ragione di gran parte della sua storia. Una storia di povertà, di successo, di vergogna, perché parlare così apertamente del vil denaro comporta una vergogna sociale e, paradossalmente, espone al candore di chiedere, di elemosinare, di mostrare l'indigenza.
La storia di Clara T. è una storia di autodistruzione, di erotismo, di soldi che sembrano possedere tutti quelli che li toccano.
Melissa Panarello scrive in maniera chiara, onesta, con una dolcezza che riesce a scardinare la repulsione di fronte alle pagine più crude. Crea, quasi senza che il lettore se ne renda conto, un gioco di specchi e di sovrapposizioni: leggiamo una fiction che ha pretesa di essere biografia o è il contrario?
Alla fine, poco importa: a noi resta una storia di modi di fare, di muoversi, di guardarsi nel riflesso degli occhi degli altri. E una storia di soldi, ovviamente, ora che finalmente - grazie a Clara/Melissa - possiamo nominarli apertamente.
Sono stata affascinata dal modo in cui le parti di realtà, quella vera che attiene alla vita dell'autrice - come la vita di famiglia, la gravidanza, così come le racconta sulle sue pagine social - si sono integrate nel racconto.
Tanto che non mi ha sorpreso apprendere, dalle foto del tour del Premio Strega - a cui questo libro è stato candidato fino allo sbarramento della cinquina -, che Panarello è appassionata di gratta e vinci, come Clara T. che li raccoglie poi in un vecchio Sellerio abbandonato all'entrata del suo appartamento.
Ve lo dicevo in apertura: ho fatto un patto, crederò che è solo una coincidenza e che biografia e fiction non abbiano nulla da spartire.
«Sono le cose che costruiamo, e non quelle che possediamo, a contenere la memoria di ciò che siamo stati.»
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