«Il calcio è quel fattore per cui non cataloghi più i ricordi di una vita secondo gli anni solari ma secondo un'altra unità di misura: la Stagione.»
La mia conoscenza del calcio me la sono guadagnata mio malgrado.
La domenica pomeriggio dalla radiolina appoggiata sul balcone dove gli zii anziani ascoltavano la telecronaca, la domenica sportiva in tv con mio padre, le schedine che mi faceva compilare a caso, per divertimento. Anni dopo, la prima volta che il mio fidanzato mi ha invitata a guardare la partita a casa sua, con suo padre e gli amici, mi sono ritrovata di fronte a un rito collettivo consolidato, serissimo. Quando quello stesso fidanzato poi è diventato mio marito, le cose si sono fatte più complicate: le domeniche, alcune giornate infrasettimanali, il calcio mercato d'estate, il campionato, la Champions League, le urla che a notte fonda scuotono le pareti del nostro salotto, l'umore ballerino post-partita.
Io sto in panchina ma, credetemi, il mio mestiere è il più duro e nessun allenatore lo riconoscerà mai.
Così, quando Lina, la moglie di Vanni Cascione in "Atletico Minaccia Football Club" di Marco Marsullo [Feltrinelli], mentre frigge quintali di melanzane, sbuffa, io un po' la capisco.
Del resto, è pure vero che Cascione è un allenatore di calcio, di quelli che si sono fatti le ossa sui campetti duri e spelacchiati di periferia, uno che si sente un vincente sempre, anche quando i risultati in classifica e gli esoneri dicono altrimenti. Perché Vanni Cascione vincente ci è nato.
«Io ero un allenatore, non potevo fare nient'altro che allenare. Sarebbe stato come chiedere a un cantante di fare l'imbianchino o, che so, a una letterina di fare la ministra.
Io ero nato per il calcio e sarei morto per il calcio.»
Da Torre Annunziata dove è nato e dove vive con la moglie Lina e la figlia Chiara - esperta di strategie di gioco, buon sangue non mente -, Vanni ha girato tutte le panchine tecniche della provincia napoletana, ma nell'animo lui è un allenatore da serie A.
Il suo mito è José Mourinho, la cui foto come santino domina nel suo portafogli per ricordargli di puntare sempre al numero uno.
Così, quando ad agosto, in vacanza a Mondragone dopo l'ennesimo esonero, non è stato ancora convocato da nessuna società, Vanni inizia a sbattere la testa contro il muro: come è possibile che il mondo del calcio non riesca a riconoscere la sua genialità? Il tempo passa, la panza inizia a sporgere dal suo fisico fino ad allora asciutto a dispetto delle parmigiane di Lina, e come andrà a finire?
La storia potrà ignorare ancora per poco il talento tecnico di Vanni Cascione, perché quando il direttore sportivo, tale Lucio Magia, lo convoca per allenare l'Atletico Minaccia Football Club, Vanni decide che metterà in campo tutto il suo amore per il calcio.
In effetti, ci vuole davvero tantissimo amore per immaginare che quei personaggi scalcagnati che Magia gli presenta come maghi del pallone, possano diventare una squadra in grado di scalare la classifica del campionato d'Eccellenza, ma Cascione ha dalla sua una passione sconfinata e tantissima immaginazione.
Uscito nel 2013 per Einaudi, "Atletico Minaccia Football Club" è di nuovo in libreria nell'Economica Feltrinelli, in concomitanza con il ritorno, a settembre, di Vanni Cascione in "Provaci ancora, Mister Cascione"[ve ne parlo presto!].
Marco Marsullo costruisce la voce di un personaggio pieno di difetti e ridondanze che lo rendono estremamente umano. Se pensiamo che Marsullo, all'epoca, aveva esordito proprio con questo libro divertente, ironico, la scrittura carica di slancio, vigorosa nella sua voglia di divertire il lettore, ci rendiamo conto della misura di questo autore, amatissimo tra le mie letture.
Disclaimer: alcune pagine mi hanno fatto ridere fino alle lacrime [vedi: la tifoseria dell'Atletico Minaccia e don Mimì]. Non leggetelo in pubblico, se non volete che vi guardino come se foste pazzi.
«Il calcio può arrivare fino a un certo punto. Dopo ti accorgi che non si può vivere solo di pallone. Che divertimento c'è in una cosa che diventa l'unico appiglio della tua esistenza? Come farebbe a differenziarsi dal resto delle cose, se il resto delle cose cessasse d'esistere? Nella fattispecie, che mondo sarebbe senza il calcio? Ma, anche: che mondo sarebbe un mondo solo di calcio?»
Commenti
Posta un commento